Lo stupidario dell’adozione internazionale: le riposte alle domande inopportune sui nostri figli

Sempre, da sempre e per sempre. A mio figlio ho spiegato che dovrà abituarsi e imparare a rispondere o a fare spallucce (a vantaggio del fegato). Non si sa come mai a molte persone, conosciute e non, la visione di una famiglia i cui figli hanno tratti somatici diversi da quelli caucasici fa esplodere una raffica di domande idiote e inopportune, espresse proprio nel momento in cui i due emisferi celebrali, destro e sinistro, vanno evidentemente in avaria”.

A parlare è una mamma adottiva che ci racconta gioie e “dolori” dell’adozione internazionale. L’impegno e, perché no, i sacrifici che richiede quello che comunque rimane la più bella forma di accoglienza tramite la quale un bambino torna ad essere figlio. Un “percorso” nel corso del quale si respira amore ma che può anche mettere a dura prova, bambino e genitori. Che per questo vanno formati per affrontare al meglio tutto ciò che può profilarsi lungo la “strada” dell’adozione.

Certo, a volte a rendere un po’ più impervia la quotidianità sono “gli altri” in grado di dare il meglio, anzi il peggio, di se’ ponendo domande assurde e senza senso.

Di fronte a tanta idiozia, l’unica arma è sorridere e fare spallucce. Proprio come suggerisce questa mamma a suo figlio. E così per sorridere tutti insieme, questa mamma con grande ironia raccoglie alcune di queste domande con relative risposte da dare. Eccole a voi, raccolte in un originale “stupidario”.

“Alcuni esempi pratici con suggerimento di risposta. Tutte queste domande mi sono state poste, anche da sconosciuti, bambino presente. Per le risposte ho sempre trovato una scusa per allontanare il bambino per qualche istante. 

  1. “Ma è adottato?????” fissandolo insistentemente. R. “No, si figuri, ho avuto vari fidanzati asiatici e non so più neanche chi potrebbe essere….il padre! ” . C’è chi ci ha creduto.
  2. Lo avete scelto?”. R. “Me lo chiede perché i suoi genitori l’avevano scelta, proprio così? A noi è andata meglio, per fortuna NON abbiamo scelto!”
  3. Perché l’hanno abbandonato? I genitori erano poveri?”. “Quindi se lei diventasse per così dire povera/o abbandonerebbe i suoi figli, ammesso che dobbiamo chiamare ‘genitore’ chi abbandona?”
  4. “Sapete chi sono i veri genitori?” (ancora!). R. “Si si certo: Francesca e Luca (ovvero io e mio marito)”. Sguardo ebete di chi ha posto la domanda
  5. “Ma dove è la sua vera madre?” (variazione della precedente). Mi giro simulando la ricerca intorno me. R. “Ah scusi, che stupida. Sono qui, sono io! Meno male, va”.