Adozione internazionale Polonia, una sberla in faccia ai bambini abbandonati. Sarebbe questa l’Europa dei diritti?

Desta clamore la nota della CAI – Commissione Adozione Internazionale che invita gli Enti operanti in Polonia a non accettare nuovi incarichi da parte di coppie che intendono adottare in Polonia e a non depositare nuovi fascicoli, annunciando, fra le righe, la possibile prossima chiusura da parte della Polonia delle adozioni internazionali.

Nella nota pubblicata solo poche ore fa dall’Autorità Centrale Italiana (CAI) si legge che il Ministero polacco della Famiglia e del Lavoro e delle Politiche Sociali – in risposta alle richieste di chiarimento dell’autorità centrale italiana sul diniego al proseguimento della procedure adottive di coppie italiane in corso nel Paese – informa che il Governo della Repubblica di Polonia ha deciso di restringere le adozioni internazionali.

Così la Polonia si avvia forse tristemente ad essere il secondo Paese europeo a chiudere le adozioni internazionali.

Nel 2005 fu infatti la Romania – con l’entrata in vigore della Legge 273/2004 – a chiudere le adozioni internazionali. Decisione che fu mitigata a partire dal 2013, quando a seguito dell’entrata in vigore nell’aprile 2012 della Legge 233/2011 che modifica ed integra la Legge 273/2004, le adozioni internazionali sono state parzialmente riaperte, ma solo per le coppie rumene che vivono all’estero o per le famiglie ‘miste’, in cui almeno uno dei due coniugi sia cittadino della Romania.

Se la decisione in Romania scaturì da forti pressioni provenienti da ambienti influenti dell’Unione Europea – sebbene i reali motivi siano tutt’oggi sconosciuti – la decisione presa dalle autorità polacche desta l’amaro in bocca e apre un grande interrogativo sullo stato di diritto della “Nuova Europa” e sulle strategie comunitarie di protezione dell’infanzia.

Nel comunicato dell’ Autorità centrale italiana (CAI) si legge “Il Governo della Repubblica di Polonia ha deciso di restringere le adozioni internazionali, dando priorità alle adozioni nazionali nella convinzione di trovare in Polonia delle famiglie adottive disponibili o un ambiente familiare sostitutivo“.

Stupisce che solo ora le autorità polacche si pongano il problema della priorità delle adozioni nazionali rispetto alle internazionali; come se finora i minori adottabili sul canale dell’ adozione internazionale non fossero stati segnalati – per un periodo di tempo definito, come avviene nella maggior parte dei Paesi- nella lista di attesa per l’adozione nazionale. Difficile a crederci! Ci sembra piuttosto che questa “uscita” del Governo polacco sia del tutto pretestuosa e in realtà nasconda altro” è il commento a caldo di Marco Griffini, presidente di Ai.Bi.

Ma ciò che rammarica realmente, soprattutto in relazione alle innumerevoli dichiarazioni di principio di cui Bruxelles va fiera nel campo del rispetto dei diritti umani per ogni cittadino europeo – e qui parliamo di un Paese della nostra Europa – è l’affermazione secondo la quale le autorità polacche, laddove non trovassero famiglie nazionali disponibili all’adozione, preferiscano lasciare i loro minori abbandonati in “un ambiente familiare sostitutivo” – dunque, in una casa famiglia o in una comunità educativa – piuttosto che in una famiglia adottiva che non abbia la nazionalità polacca.

È tutto ciò “alla faccia” non solo del diritto di ogni bambino abbandonato a vivere in una famiglia, ma anche di tutti i bei proclami su una prospettiva di una “nuova Europa” di “cittadini europei” senza più confini nazionali e barriere culturali.

È questa la civiltà della nuova Europa!

A questo punto è lecito domandarsi: l’Italia e l’Europa quale posizione intendono assumere per far sì che sia pienamente tutelato il diritto dei minori alla famiglia?

In qualsiasi Paese del mondo, e a maggior ragione in una “nuova Europa di diritto” il minore abbandonato, proprio in virtù della sua assoluta e totale fragilità sociale, dovrebbe essere posto in cima alla scala dei diritti, fra i quali – non ci stancheremo mai di ripeterlo – il più importante è il diritto di vivere e crescere in una famiglia.

Dal 2006 Amici dei Bambini sostiene la necessità di realizzare l’adozione europea e riconoscere la mancanza di una famiglia come “abuso istituzionale”, e quindi “il diritto negato del minore alla famiglia” come una violazione del diritto fondamentale della persona.

Il dibattito sul futuro delle generazioni del nostro continente non può prescindere dall’inserimento dei temi della protezione dell’infanzia e dell’emergenza abbandono minorile tra le priorità politiche europee. Urge una raccolta dati strutturata e completa sui minorenni fuori famiglia in Europa – attraverso un sistema di banche dati in rete tra le autorità deputate alla tutela dell’infanzia dei vari Paesi membri – per un’ armonizzazione delle discipline nazionali sulla protezione dell’infanzia e l’applicazione di una sussidiarietà verso i minori europei abbandonati chchiusura adozionie identifichi nelle ‘famiglie europee’ il luogo privilegiato per farli crescere, certamente preferibile alla collocazione in istituti o in famiglie non residenti in Europa. Il tutto potrebbe diventare operativo grazie alla creazione di una sorta di ‘super-Commissione per le Adozioni Internazionali’ europea, quale istituzione di riferimento e di garanzia per le adozioni nel Vecchio Continente.” commenta Marco Griffini.