Genitorialità. La Consulta ora deve decidere sul figlio “di due madri”

Griffini (Ai.Bi.): “Tutti parlano di diritti. Ma nessuno considera quelli di chi è senza voce: i bambini”

Nella giornata di mercoledì 9 ottobre la Corte Costituzionale è chiamata a esprimersi sulla “non costituzionalità” dell’insieme di norme che impediscono a una coppia di donne, sposate negli Stati Uniti, di essere dichiarate dallo Stato italiano entrambe madri del figlio partorito da una delle due. La sentenza della Consulta dovrà infatti essere emessa a seguito di un ricorso presentato dall’italiana Giulia Garofalo Geymonat, 41 anni, ricercatrice di Sociologia alla Ca’ Foscari di Venezia e dalla moglie Denise Rinehart, 46enne artista teatrale americana, per essere entrambe riconosciute come madri del figlio di quattro anni partorito dalla seconda.

Il piccolo è stato concepito dalla Rinehart in una clinica in Danimarca e poi partorito a Pontedera, in Italia. E la Garofalo Geymonat oggi vuole che il suo ruolo di madre “intenzionale” sia pienamente riconosciuto dallo Stato ed equiparato a quello della compagna di vita. Il Comune di Pisa si era infatti opposto al riconoscimento, iscrivendo il bimbo con il solo nome della madre gestazionale. Il bambino, essendo nato da una genitrice americana, ha peraltro la sola cittadinanza statunitense.

Ma un’eventuale sentenza della Consulta favorevole alla richiesta delle due donne potrebbe cambiare tutto. Questione di diritti, dicono in molti.

Ma c’è chi non è d’accordo. “Ma quali diritti? – dice il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco GriffiniCon questa sentenza la Consulta dovrà decidere se aprire definitivamente la porta alla creazione di un numero indefinito di orfani di padre o di madre. Minori che sarebbero privati, per una battaglia ideologica condotta dagli adulti, dell’affetto di una delle due figure genitoriali necessarie allo sviluppo di un bambino. Si parla di presunti diritti, ma nessuno considera quale debba essere il diritto prevalente: quello di chi non può operare pressioni politiche, culturali, mediatiche. Il diritto dei senza voce: i bambini”.