7 settembre: riaprono le scuole per l’infanzia. Bambini e nonni, chi rischia di più?

Il pediatra: “Il vero problema della scolarità è di essere uno straordinario vettore di contagio ma bisogna salvare il percorso educativo”

In attesa della riapertura delle scuole, prevista per settimana prossima, oggi, 7 settembre, riaprono le scuole per l’infanzia, cioé gli asili. Con il ritorno dei bambini più piccoli in classe, insieme ai loro compagni, torna in primo piano il rischio di contagiarsi e di contagiare con il Coronavirus la categoria più fragile: i nonni. Ma chi è che rischia maggiormente? I bambini o forse proprio gli anziani?

“Il virus – commenta Alberto Oliveti, medico pediatra, in un’intervista a Sussidiario.netnon è particolarmente aggressivo verso i bambini. Possono avere qualche complicanza respiratoria i bambini che ne hanno già avute, come quelli asmatici che vanno seguiti con maggior attenzione. Il problema per i bambini non dovrebbe essere particolarmente grave, però dobbiamo ricordarci che stiamo parlando di una malattia che non conosciamo. Forse il vero problema della scolarità è di essere uno straordinario vettore di contagio. I bambini tornano a casa e si trovano genitori e nonni. Possono essere portatori di contagio. Mentre per loro la patologia decorre in modo inconsistente, quando addirittura inavvertita, la contagiosità segue un’altra linea”.

Riaprono le scuole per l’infanzia: il percorso educativo non si può e non si deve fermare

E se questo discorso vale anche per gli insegnanti, secondo il pediatra un maestro, “essendo più adulto ha una maggior possibilità di avere i sintomi mentre il bambino la passa in maniera inavvertita”. Anche per quanto concerne le misure di prevenzione, in realtà, non ci sono certezze. “Purtroppo – prosegue Oliveti – non c’è nessun riferimento consolidato da prendere a modello per poter dire di essere nel giusto, di non avere deficit di sicurezza. Sono modelli di buon senso: il distanziamento è positivo così come secondo me lo è l’uso della mascherina, il lavaggio frequente delle mani è necessario. Bisogna tenere a mentre ‘le tre T’ e cioè tentare, trattare e testare. Sono riferimenti di buon senso che mi sento di condividere. (…) L’obiettivo è quello di non bloccare il percorso formativo ed educativo. Si stanno mettendo in atto le misure migliori per ridurre la carica virale e altri accorgimenti per diagnosticare e soprattutto tracciare i bambini colpiti, che possono essere diffusori straordinari. La cosa più importante è salvare il percorso educativo per tutti, altrimenti avremmo dei bambini che lo proseguono e altri no, e si creerebbe una diseguaglianza sociale drammatica”.