Il Giappone delle Olimpiadi si dimentica dei diritti dei bambini

Padri e madri separati che non vedono più i figli; bambini incoraggiati a rimanere in istituto fin da piccoli per permettere ai genitori di lavorare… 

Pubblico sì o pubblico no. In questi ultimi giorni che precedono le Olimpiadi sembra essere questo il principale problema riguardante il Giappone. Normale, la cronaca impone le sue priorità e un evento mondiale come quello dei Giochi fagocita tutte le attenzioni. Eppure, sotto la patina di un momento da celebrare, con o senza pubblico, il Giappone nasconde un problema enorme che si trascina da tempo e riguarda i diritti dei minori.

Giappone diritti dei minori: bambini abbandonati da un sistema che incoraggia solo il lavoro

Nel 2018, se ne era parlato molto in relazione alla tragica vicenda della piccola Yua Funato, vittima di abusi da parte del patrigno e per la cui morte fu dichiarata colpevole di negligenza anche la mamma.
Un episodio terribile che accese i riflettori sulla disgregazione dei valori familiari nel Paese del Sol Levante, dove i nuclei familiari crescono isolati e l’abitudine a chiedere aiuto non c’è. Così, con i genitori che devono magari lavorare molto per potersi mantenere, i figli finiscono per essere spesso trascurati, mentre il Governo stesso arriva addirittura a suggerire di lasciare i figli negli istituti, anche da molto piccoli, così da poter continuare a lavorare. Si sta insieme giusto per dormire, se va bene: certo non il modo migliore per creare dei legami.

Genitori separati che non possono più vedere i loro bambini

Quasi non stupisce, allora, di fronte a questo scenario, quello che succede ai figli in caso di separazione dei genitori: il Giappone, infatti, è uno dei pochissimi Paesi al mondo dove l’affidamento congiunto non è previsto, con le conseguenza che, una volta che i minori sono stati affidati a un genitore (generalmente la madre) per l’altro diventa quasi impossibile anche solo incontrarli.

Lo ha recentemente denunciato, ancora una volta, un giovane cittadino francese che vive e lavora a Tokyo e che da quando – riporta il Messaggero – “la moglie se n’è andata di casa, portandosi via i figli”, nonostante le tante sentenze internazionali in suo favore non è più riuscito a vedere i suoi bambini. La sua idea, ora, è di piantare una tenda davanti allo stadio e cominciare uno sciopero della fame, estremo tentativo per costringere il Governo a provare almeno a prendere in considerazione l’idea di trovare una soluzione. Cosa difficile, in quando, come spiega sempre a il Messaggero l’avvocato Akira Ueno – “In Giappone il concetto di famiglia allargata non esiste… Quando una coppia si separa si decide con chi resteranno i figli… e l’altro coniuge si limita a contribuire economicamente». Anche se tutto questo va contro la Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo, tra l’altro firmata anche dal Giappone.

Retaggi, dice qualcuno, profondamente radicati nella cultura giapponese. Eppure, i genitori rimasti lontani dai figli che protestano e chiedono diritti sono sempre di più, anche se è per lo meno curioso che, in tutto questo, la voce dei bambini sia completamente assente dal dibattito. Così come i loro diritti.

Ma pazienza: ci sono delle Olimpiadi da celebrare…