Il Martinitt dei misteri? Era il patron di Luxottica

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 C’è un uomo che immagina un futuro diverso per il museo milanese dei Martinitt. Si chiama Leonardo Del Vecchio, fondatore e presidente di Luxottica, la più grande azienda di occhiali di lusso e da sole del mondo, ed è il generoso benefattore che ha permesso il restauro del palazzo di corso Magenta 57 che ospita il museo. Nel 2008 l’edificio è stato completamente ristrutturato proprio grazie a due milioni di euro offerti dall’imprenditore milanese: perché lui, ex Martinitt, in quell’orfanatrofio ha vissuto dall’età di 7 anni fino ai 14.

Oggi però il Pio Albergo Trivulzio, la casa di riposo più famosa d’Italia da dove cominciò Tangentopoli e proprietaria del palazzo, intende metterlo in vendita assieme ad altri «gioielli» per ripianare un bilancio che sprofonda in un buco da circa 10 milioni di euro. E la vicenda del palazzo di corso Magenta 57 è al centro di uno scontro nel consiglio d’amministrazione dell’ente. Una società esterna specializzata l’ha valutato 6.123.000 euro: una cifra che ad alcuni consiglieri appare un po’ bassa per 1.199 metri quadrati a due passi dal Duomo, poco più di 5 mila euro al metro quadrato. La questione verrà affrontata nella seduta del cda di martedì prossimo e il clima è teso, ma ci si interroga anche sull’opportunità della vendita. Quello di corso Magenta 57 infatti non è un indirizzo qualsiasi.

L’edificio dal 2009 accoglie il Museo Martinitt e Stelline, un’esposizione multimediale all’avanguardia dove è possibile rivivere le storie dei fanciulli tra Otto e Novecento. L’allestimento ha preso forma proprio grazie all’intervento di Leonardo Del Vecchio. L’imprenditore non ha mai gradito che si facesse il suo nome in proposito ma di fatto, dopo aver coordinato i lavori di ristrutturazione, ha consegnato «chiavi in mano» il museo dei Martinitt al Pio Albergo Trivulzio. Proprio come segno di riconoscenza verso la casa dei «piccoli Martino», dal nome dalla parrocchia di San Martino che offrì nel 1532 la prima sede ai minori poveri e abbandonati, agli orfani raccolti per le strade da san Gerolamo Emiliani.

La ristrutturazione è costata appunto circa due milioni di euro, di cui 200 mila per l’allestimento del museo. Certo il risultato è apprezzabile. Un edificio perfetto, che ospita il primo museo interattivo della città, frequentato da tantissimi cittadini, da scuole, corsi universitari e da turisti. Sale di consultazione, la biblioteca dei Martinitt, l’archivio storico dei Martinitt e delle Stelline, l’orfanotrofio femminile, dal nome della parrocchia de «La Stella». Nel palazzo di corso Magenta 57 sono conservati e valorizzati numerosi beni culturali dei tre enti assistenziali storici milanesi: oltre ai Martinitt e alle Stelline ci sono anche le memorie del Pio Albergo Trivulzio. Le tre realtà oggi costituiscono un’unica azienda per i servizi alla persona.

Il vertice del Trivulzio ha deciso ora di trovare una nuova sede per il museo Martinitt e Stelline e di mettere all’asta (insieme con altri stabili di pregio, come quello di via Spiga 5 dove abita Carla Fracci) questo palazzo, che risale agli anni Trenta, perché i conti dell’ente sono in rosso. Sono già state valutate ipotesi di spazi alternativi per il museo, anche se non è ancora stata presa una decisione. Ma tra i difensori dell’attuale sede c’è chi rispolvera il codice dei beni culturali del 2004, decreto legislativo numero 42, secondo il quale i beni culturali di un ente pubblico sono «indisponibili». Nel senso che sono protetti dalla Soprintendenza e non possono essere trasferiti con leggerezza da un posto all’altro senza un’autorizzazione del ministero.

C’è però anche chi preferisce non invocare le leggi e propone una semplice e banale riflessione: vendere il palazzo non tradirà lo spirito del generoso benefattore? Ma forse, chissà, sarà proprio lui a farsi avanti per acquistarlo. I fan del museo ci sperano.

(Corriere della Sera, 4 Febbraio, Rossella Verga)