Affido, perché se ne parla così poco?

Buongiorno,

siamo Margherita e Simone e abbiamo letto, con un nodo in gola, la notizia pubblicata sul vostro sito, su cos’è una famiglia affidataria.

Io e il mio compagno abbiamo vissuto una breve esperienza di affido (diurno e temporaneo per cinque mesi). E’ stata un’avventura ma anche un’emozione che vorremo ripetere. E’ importante condividere queste esperienze perché danno forza a chi desidera “provare” e a chi si sente inadeguato.

Per noi è stato così: non abbiamo figli nostri e quindi quando ci è stata chiesta la disponibilità per il nostro affido ci siamo buttati con grande incoscienza e con grande timore di fallire. Quando si accetta, non si è soli, c’è il gruppo che comunque sostiene, se ci sono dubbi da qualche parte ci sono anche risposte. Quindi, noi abbracciamo la piccola stella e la famiglia che l’ha accolta. Secondo noi, si dovrebbe parlare di più degli aspetti positivi dell’affido, anche per supportare chi magari è in dubbio. Voi cosa ne pensate? Non credete che se ne parli troppo poco?

Grazie

Margherita e Simone

 

 

riccardiCarissimi,

come dite è necessario che si parli sempre più della bellezza dell’accoglienza. Troppo spesso i nostri giornali sono pieni di storie strazianti che non possono che allontanare le famiglie dal desiderio di mettersi a disposizione di un bimbo la cui famiglia è in difficoltà.

Tragedie di vario tipo ormai riempiono la cronache giornalistiche, ma il positivo, la ricchezza, i doni che le storie d’affido racchiudono non sono mai raccontate. Scontate? Per nulla! Non sono proprio riconosciute.

Le famiglie che giungono ai nostri incontri informativi sono “eroiche” o “folli” perché, nonostante quanto sentano, hanno il coraggio di pensare di poter mettersi in gioco. Intuiscono che qualcosa di bello ci deve essere, sono curiose o forse desiderose di sentirsi veramente utili per qualcuno. Svariati sono i motivi.

Noi che abbiamo scoperto il tesoro dell’accoglienza dobbiamo parlarne, correggere la cultura negativa che intorno all’affido si è consolidata cogliendo tutte le occasioni possibili; svelare a tutti che non bisogna essere eroici per affrontare le sfide dell’accoglienza familiare temporanea, ma essere in grado di accettare le meraviglie che quei “piccoli disagiati” possono regalarci. Se soltanto riuscissimo a far capire a quanti pensano che l’affido sia per quei pochi votati al sacrificio, che in realtà ciò che si riceve in termini di esperienza di vita, effetto ed emozione vale molto di più di quanto ci sia chiesto di dare, potremmo trovare ad ogni bambino oggi in comunità educativa una famiglia che lo accolga temporaneamente come figlio.

Certo non possiamo, e nemmeno dobbiamo, nascondere la fatiche, ma forse sarebbe più facile affermare il diritto dei bambini a vivere in una famiglia parlandone con un sorriso, piuttosto che con la rabbia di chi ogni giorno lotta contro un sistema che non funziona come dovrebbe.

Grazie per il vostro contributo

Cristina Riccardi

Membro del consiglio direttivo di Ai.Bi. con delega all’accoglienza familiare temporanea