Salvini e le Case famiglia: scoppia la polemica sulla proposta di una Commissione d’inchiesta

salviniSuscita polemiche l’intervento di Matteo Salvini, leader della Lega Nord, che il 18 gennaio, intervistato da Fabio Fazio durante la trasmissione “Che tempo che fa” ha proposto “una Commissione di inchiesta sulle case famiglia che sono un business che lucra sulla pelle dei bambini arrivando a costare fino a 400 euro al giorno”.

Salvini dopo aver ribadito il suo “no” alle adozioni ai gay, ha aggiunto che “a chi dice che è meglio dare un bambino a due papà o a due mamma, piuttosto che lasciare il bambino in una casa famiglia, io rispondo di no! Anzi propongo che si faccia una commissione d’inchiesta anche su queste realtà perché non si venga a mai a scoprire che c’è chi fa ‘business sulla pelle dei bambini’”.

A prendere le distanze è la Comunità Papa Giovanni XXIII : “accusare le case famiglia di fare ‘business sulla pelle dei bambini’ significa gettare fango in maniera generica su una risposta preziosa e insostituibile con cui centinaia di coppie scelgono di fare da padre e madre di bambini e ragazzi, molti anche con gravi handicap, che non possono più stare nelle loro famiglie di origine”.

Il problema è che da quando sono stati chiusi i vecchi istituti, molte strutture si fregiano del nome di casa famiglia, mentre invece non hanno un papà e una mamma, come avviene nelle vere case famiglia, ma operatori a turno, che oltre a costare molto di più, non rispondono al bisogno primario del minore di avere una famiglia.

Una posizione condivisa anche da Ai.Bi, Amici dei Bambini che precisa  la netta distinzione tra  “le comunità educative che nascono come servizio, le case famiglie invece come voglia di accoglienza. La differenza tra queste due realtà prende le mosse dai loro stessi principi ispiratori”.  “Le case famiglie sono famiglie vere e proprie che decidono di accogliere. La differenza sostanziale con le comunità educative sta nel fatto che le case famiglia nascono come vera accoglienza, come forma di gratuità, e chi ne apre una non lo fa semplicemente per offrire un servizio, ma innanzitutto perché vuole prendersi cura di un bambino in situazioni di disagio”.