A Messina l’accoglienza vera la fanno i piccoli: Andrès Cavallaro cede la cameretta a una mamma venuta dall’Africa

bimba-con-mamma africana 200«La telefonata è arrivata alle 19. Alle 21 Eddy e il suo piccolo erano già a casa nostra. Non abbiamo una casa grande, ma sento che non si può voltare le spalle all’emergenza». Rita racconta così la decisione di accogliere in casa una mamma di 24 anni e il suo bambino di pochi mesi, sbarcati a Messina il 10 aprile 2014. Rita è una mamma adottiva: tre anni fa è arrivato dalla Colombia suo figlio Andrés di sei anni e mezzo. Sorride al telefono, questa mamma quando ammette: «Dopo la telefonata, sono entrata in confusione, tanto più che avevamo raggiunto un equilibrio perfetto, mio marito, io e nostro figlio che ha quasi dieci anni».

Dopo la tragedia avvenuta  al largo di Lampedusa lo scorso 3 ottobre, nella quale persero la vita 366 persone, Amici dei Bambini ha avviato il progetto Bambini in alto mare, per aiutare i più deboli dei deboli: i minori stranieri non accompagnati e i nuclei familiari formati da mamme con i propri bambini. I signori Cavallaro hanno aderito  al progetto. Spiega Rita: «In città si vedono tanti profughi ai semafori che chiedono l’elemosina. Ma di fronte a un bambino come si fa a girarsi dall’altra parte? Non m’importa se la mia casa in un attimo si è trasformata in un campeggio, mi sono immedesimata in questa giovane mamma che ha affrontato sola con il bimbo un viaggio così disperato. E’ venuta qui, portandosi dietro quasi nulla, se non la crema latte per il piccolo. E’ in cerca di suo marito. Lui è partito dalla Libia un anno fa, ma da allora Eddy non ha saputo più nulla».

Rita stava mostrando a Eddy una cartina della Sicilia, quando l’abbiamo raggiunta al telefono. Perché-dice-«Questa giovane africana, originaria della Nigeria, non ha ben chiaro dove si trova: non so se riuscirà a trovare suo marito, che non ha mai visto il loro bambino, mi auguro però che qualcuno si faccia carico di lei, dandole un futuro».

L’accoglienza in casa Cavallaro non è una decisione dei grandi, riguarda tutti. Andrès ha ceduto la stanzetta piena di giochi e si è trasferito nel lettone di mamma e papà. Quando ha chiesto spiegazioni alla mamma, la signora Rita lo ha convinto con quella che la sua filosofia di vita: e cioè «l’amore che si riceve non va trattenuto  tutto per sé, va restituito». E gli ha aggiunto: «Ti ricordi, Andrés, quando vivevi in Colombia? Se qualcuno non ti avesse aiutato, se non ti avessero voluto bene e salvato, noi non ci saremmo mai incontrati! Adesso noi dobbiamo aiutare un altro bambino e la sua mamma». Una filosofia che Andrés ha abbracciato con slancio. Solidarietà e altruismo sono valori facili da inculcare quando si è piccoli. I bambini riescono a vivere lo straordinario come ordinario con maggiore facilità degli adulti. Per questo le maestre hanno voluto raccontare anche ai compagni di scuola di Andrès la scelta di accoglienza fatta dal loro amico.          

Per fronteggiare l’ondata di nuovi sbarchi che si è appena inaugurata in questi giorni, è fondamentale che la rete di famiglie continui a crescere. Certo, chi ha alle spalle esperienze di accoglienza ha più risorse per aprirsi all’Altro e riconoscerlo come proprio fratello. Ma ora più che mai, mentre le istituzioni non trovano niente di meglio che riaprire strutture chiuse nei mesi scorsi per carenze igieniche, la macchina solidale messa in moto da Ai.Bi. riaccende i riflettori sull’emergenza Misna e profughi. Alle oltre 1200 famiglie che hanno dato la propria disponibilità per accogliere minori non accompagnati o mamme con bambini, dovranno aggiungersene in fretta altre.

Se le previsioni fatta da Angelino Alfano, fossero confermate, nei prossimi mesi arriveranno almeno 53mila bambini soli. Servono tante persone capaci di sentire il grido di dolore che arriva dall’altra parte del Mediterraneo, e pronte a rispondere in prima persona, senza voltarsi dall’altra parte. Chiunque voglia aderire al progetto Bambini in alto mare, può compilare il form.