San Marino 2022. L’accoglienza familiare: la “prospettiva” al sud

Il punto per noi più importante di tutti è lavorare sul post – post adozione. Perché avere ragazzi, uomini, donne adottati che non riescono a perdonare e a perdonarsi, che non riescono ad integrarsi, che non riescono a essere felici come meritano… questo sì che sarebbe davvero un’ingiustizia

Da giovedì 25 a domenica 28 agosto è in corso, a San Marino, la 29^ edizione del tradizionale ritrovo di Ai.Bi., tornato dopo due anni di stop a causa della pandemia. Il titolo scelto è “Una comunità che accoglie: il paradigma di Ai.Bi. a sottolineare come l’evento si ponga come fondamentale per elaborare le strategie future dell’accoglienza familiare. Il seminario estivo, infatti, è il momento più significativo della vita dell’Associazione, in cui condividere con tutti gli attori coinvolti a vario titolo in Amici dei Bambini, le modalità, pratiche e non solo, per affrontare sempre meglio i momenti difficili che stiamo vivendo e le sfide che il futuro ci pone davanti.
Qui riportiamo uno spunto di riflessione tratto dall’intervento preparato per l’incontro di San Marino da Lucia e Luigi D’Antonio e Maria e Enrico Gallozzi, le famiglie coordinatrici delle attività di Ai.Bi. in Campania, sul tema:

“La prospettiva al sud”

L’intervento delle famiglie D’Antonio e Gallozzi parte da ricordi e sensazioni personali. “Noi  – scrivono – siamo quelli che si sono avvicinati all’adozione circa 25 anni fa e hanno accolto il primo figlio circa 20 anni fa. Siamo quelli che hanno creduto e credono che ogni bambino abbia diritto a essere figlio. Siamo quelli che hanno visto con i propri occhi gli altri bambini, l’altro nostro figlio, rimasto in orfanotrofio e che spesso a distanza di anni si sono rimessi in gioco per accogliere un altro bambino e dargli la dignità di diventare figlio.
Siamo quelli che hanno studiato e stanno studiando ancora il perché.
Perché l’abbandono? Perché la sterilità e la sterilità feconda?
Siamo quelli che hanno creduto in un percorso spirituale dell’adozione. Siamo quelli che hanno creduto nella divisione della Trinità lì sul Golgota, nel Gesù abbandonato che rappresenta i bambini abbandonati e tutti noi. Siamo quelli che credono che l’adozione sia un atto di giustizia (quando un bambino è abbandonato, ecco che viene chiamata una coppia all’altro capo del mondo a sanare l’ingiustizia e far risorgere il bambino a figlio). Siamo quelli che credono che si debba andare oltre una semplice sanatoria di una ingiustizia e che l’adozione non può funzionare senza il perdono. Il perdono verso sé stessi superando il lutto della sterilità, il perdono verso la madre abbandonica, il perdono verso le avversità della vita”.

Tanto è cambiato e tanto c’è da fare

In questi 25 anni sono cambiati i nostri figli che da bambini sono diventati adolescenti, uomini, donne. È cambiata la società, sono cambiate le condizioni economiche, è cambiata Ai.Bi.
25 anni fa il nostro paese era molto più accogliente. Fioccavano i convegni, le raccolte fondi e la partecipazione agli eventi era massiccia a tutti i livelli. Era il tempo del Bunga Bunga, della finanza facile, del debito pubblico, degli aperitivi. Piano piano si cominciavano a minare i fondamenti della famiglia. Complici le varie crisi economiche che si sono susseguite, il populismo ha cominciato a prendere il sopravvento. Soffia un vento da destra che spinge all’egoismo. Prima gli Italiani!
Non siamo in grado di salvare noi stessi come facciamo a salvare gli altri! Come possiamo accogliere tutti! Silurate i barconi! Ma ci sono donne e bambini… AFFONDATELI!!!
Episodi di razzismo sono purtroppo sempre più frequenti. I nostri figli sempre in allerta. Le coppie sempre meno propense ad aprirsi all’adozione.
Sono cambiate le condizioni economiche del nostro Paese. Per la prima volta i figli e i nipoti sono più poveri delle generazioni passate. E veniamo ai giorni nostri. Si fatica a metter su famiglia. Chi fa figli si impoverisce. Manca qualsiasi forma di welfare che assista le coppie.
Ai.Bi. è cambiata. Passando con qualche acciaccatura tutte le tempeste degli ultimi 10/15 anni si deve confrontare con maggiori difficoltà che in qualche modo hanno modificato la mission. Non solo adozioni e affido ma anche altri tipi di progetti.
E i nostri figli? Anche loro hanno attraversato le stesse difficoltà e manifestato le proprie fragilità tanto da farci modificare lo slogan. L’adozione è si una cosa meravigliosa ma (molto) impegnativa.

Allora qual è la prospettiva di Ai.Bi. al Sud?

  1. Rilanciare sul tema dell’accoglienza interloquendo, a tutti i livelli possibili, con le altre associazioni del territorio, con i servizi sociali e con le amministrazioni.
  2. Impegnarsi nel preparare le famiglie accoglienti ad affrontare in maniera seria il tema dell’affido e dell’adozione sottolineando l’impegno che tutto ciò comporta.
  3. Riprendere gli incontri in presenza del GFL
  4. Rilanciare AiBiG
  5. Partecipare a tutti i progetti di inclusione facendo tesoro delle positive esperienze maturate con Panthakù
  6. Lavorare sul “Perdono”

Ma il punto per noi più importante di tutti è lavorare sul post – post adozione. Perché avere ragazzi, uomini, donne adottati che non riescono a perdonare e a perdonarsi, che non riescono ad integrarsi, che non riescono a essere felici come meritano… questo sì che sarebbe davvero una ingiustizia. Se non riusciremo a chiudere il cerchio significherà aver lasciato il lavoro a metà e non essere riusciti compiutamente a diventare collaboratori di Dio Salvatore.
È stata data ai nostri figli un’occasione. Ma non basta, serve insegnar loro a cogliere questa occasione.
Pensiamo a un piccolo investimento, magari con la sede di Salerno come progetto pilota, per mettere insieme un team di psicologi che possano accompagnare i ragazzi e le famiglie in difficoltà prima che i problemi esplodano. Un piccolo investimento che però avrebbe ritorni importanti per la nostra associazione.