Accogliere figli non tuoi: perché per l’eterologa non serve la formazione?

Sono un genitore adottivo. Ho seguito con molto interesse il dibattito inerente la possibilità di selezionare i gameti nella fecondazione eterologa in nome di una “compatibilità” somatica che faciliti l’accettazione e l’inserimento dei futuri figli con i genitori riceventi. Ci sono diversi articoli e prese di posizione, tutti connotati di superficialità e presunto buon senso. La questione ha un punto di contatto forte con il tema delle adozioni: la presunta “compatibilità” somatica tra genitori e figli attiene alla paura del “diverso” e all’accettazione che il proprio figlio non è “sangue del proprio sangue”. Queste sono battaglie culturali che nel campo dell’adozione si fanno da sempre. A mio modo di vedere anche nella fecondazione eterologa le coppie andrebbero accompagnate verso un figlio “non proprio”. Qual è la posizione di Ai.Bi.? Confido in una vostra risposta,

Andrea

 

RITRATTO-MARCO-GRIFFINI200Caro Andrea,

la ringrazio per le sue riflessioni, che mi sento di condividere in pieno.  Tra chi adotta e chi sceglie la fecondazione eterologa si fanno due pesi e due misure.  Non solo in termini economici, per i primi lo Stato prevede solo un minimo contributo alle spese, per i secondi la totale gratuità dei tentativi d’impianto. Ma c’è disparità di trattamento anche in termini di verifica della capacità genitoriale. Ai genitori adottivi è chiesto di diventare un ‘libro aperto’ per psicologi, assistenti sociali e Tribunale per i minorenni. Perché il loro desiderio di accogliere un figlio non biologico deve essere verificato, vagliato, anatomizzato. Certo, è giusto che lo Stato si accerti che ad accogliere un bambino sia una famiglia sana. Ma alle coppie che scelgono di mettere al mondo un figlio che ha almeno un terzo genitore biologico, non è richiesto nessuna verifica. La loro vita familiare, le dinamiche interne alla coppia, tutto resta blindato nelle pareti della loro casa. Da sempre sosteniamo che le coppie desiderose di adottare un bambino abbandonato, piuttosto che essere sottoposte alla ‘via cricis’ del doppio passaggio tra Asl e Tribunale, dovrebbero essere considerate una risorsa della società e quindi non essere selezionate, ma semmai accompagnate verso una genitorialità consapevole. Ma anche alla luce di recenti episodi di cronaca, fa scuola il caso della coppia australiana che ha rifiutato il bimbo affetto da sindrome di down, sarebbe il caso quantomeno di prevedere un percorso di accompagnamento obbligatorio per le coppie che scelgono l’eterologa.

Cordiali saluti,

Marco Griffini

Presidente di  Amici dei Bambini