Guerra in Siria, Omran ha ritrovato la parola ma ha perso per sempre il fratellino.

Ad Aleppo non si muore solo per le bombe: per 100mila bambini anche bere è diventato un pericolo

aleppo assedio“Dove sono mio padre e mia madre?” E’ stata questa l’unica domanda che è riuscito a rivolgere ai suoi soccorritori il piccolo Omran, il bambino di 5 anni la cui foto ha fatto il giro del mondo simboleggiando la tragedia della guerra in Siria. Eppure sapeva che sotto le macerie della sua casa, bombardata dai raid aerei che stanno distruggendo Aleppo, c’era anche suo fratello. Ma non ha chiesto di lui. Forse, nell’incoscienza di un bambino, aveva già intuito che Alì, 10 anni, non l’avrebbe più rivisto. Non poteva certo capire la gravità delle ferite riportate da suo fratello, ma forse aveva presagito tutto. E infatti, oggi, Alì non c’è più. Dopo giorni di agonia, non è sopravvissuto alle ferite, apparse da subito molto gravi. Era stato portato nello stesso ospedale dove era stato condotto anche Omran. Quell’ospedale, nella parte orientale della città, trasformato  in un bunker, dove i medici possono operare soltanto nei sotterranei.

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Dopo la diffusione su scala mondiale di quella foto, emergono le prime testimonianze su quel giorno. Divenuto però uno dei tanti: perché ogni giorni Aleppo è fatta bersaglio di bombardamenti e attacchi armati. “E’ la prima volta che mi capita un bimbo come lui – racconta Ammar, il volontario che ha estratto Omran dalle macerie e l’ha portato in braccio fino all’ambulanza -. Di solito quando scampano a un bombardamento urlano e strillano. Questo non parlava, ho cercato di comunicare, ma lui non ha detto una parola”. Fino a quella frase, piena di angoscia per la sorte dei suoi genitori e probabilmente colma di rassegnata disperazione per quella del fratello.

Tre anni fa le Nazioni Unite smisero di contare i morti della guerra in Siria. Quel che è certo è che, dal 31 luglio, nella sola Aleppo – divenuta città cardine per le sorti del conflitto – sono 442 in più, di cui 97 bambini e 54 donne. Uno stillicidio di violenza che ogni giorno presenta il suo triste bilancio, colpendo in particolare l’infanzia. I feriti della battaglia di Aleppo, inaspritasi nelle ultime settimane, possono contare ormai su soli 35 medici per le oltre 300mila persone che vivono nella parte orientale della città, quella più colpita dai bombardamenti.

In Siria, del resto, “nessun bambino può dirsi al sicuro fino a quando si trascinerà il conflitto”, come denunciano le organizzazioni non governative attive in Siria. Dove i numeri sono sempre più drammatici. Sono 8,4 milioni i bambini  siriani che hanno bisogno di aiuti umanitari. Di questi  3,7 milioni hanno meno di 5 anni e non conoscono altro che fughe, violenze e insicurezza. Nella sola Aleppo 100mila bambini devono affrontare i pericoli di focolai di malattie trasmesse dall’acqua. Perché la guerra non uccide solo con le bombe. Può farlo anche con l’acqua contaminata. L’accesso a quella potabile è notevolmente peggiorata, la rete di distribuzione pubblica è in tilt e intere zone della città hanno i rubinetti a secco. L’escalation di violenze iniziata tra fine luglio e inizio agosto impedisce ai tecnici di riparare i sistemi idrici ed elettrici. Così i rischi continuano a crescere ogni giorno e anche bere è diventato pericoloso.

In questo contesto, ogni minuto perso vorrebbe dire fare salire il numero delle vittime anche tra i più piccoli. Ma Amici dei Bambini ha deciso di non abbandonare la popolazione siriana al suo destino. In 4 aree del Paese – quelle di Idlib, Homs, Rural Damasco e della stessa Aleppo – Ai.Bi. porta avanti interventi di prima e seconda emergenza che garantiscono supporto alimentare e di protezione psico-fisica dei minori. Per andare avanti in tutto questo, però, serve sempre più il contributo di tutti noi. Attraverso una donazione  alla campagna Non lasciamoli soli di Ai.Bi. in Siria, i bambini e le famiglie di questo martoriato Paese potranno avere una speranza in più.