Adozione: dal “diritto” della coppia ad avere un figlio, al diritto di ogni bambino ad avere una famiglia

fecondazioneRiportiamo di seguito il testo integrale dell’articolo pubblicato sul numero di dicembre 2014 di Gente Veneta, a firma di Nicola Stefani e Sonia Scantamburlo, coppia che vuole accogliere un figlio con l’adozione

In questo momento storico la fecondazione eterologa sembra sia la principale soluzione alla realizzazione del desiderio di genitorialità delle coppie che non possono avere figli. Noi pensiamo invece che ci si debba fare una domanda: “Esistono vie alternative perché la vocazione alla paternità e alla maternità, frutto dell’amore coniugale, possa trovare compimento?” Se da un lato è comprensibile il desiderio di genitorialità, ancora più intenso in coppie affette da sterilità, tuttavia il figlio non è mai qualcosa di dovuto e non è mai da considerarsi un oggetto di proprietà. Il figlio è “un dono”, il più grande, il più gratuito, testimonianza dell’amore dei due.

“Volere un figlio” è un sentimento che va prima di tutto accolto, ma successivamente anche purificato e innalzato. Tutto questo per cogliere l’essenza più vera di ciò che vuol dire essere padri e madri e soprattutto per rispettare la natura e la dignità dei figli. Il desiderio di procreare assume il suo vero significato se orientato a Colui che si è incarnato affinché gli uomini ricevessero l’adozione a figli dell’unico Padre (cfr. Gal 4,1-7). Nel comando del Signore, che nel servire i suoi discepoli nell’ultima cena invita i suoi a fare altrettanto (cfr. Gv 13,15), si innesta l’atto generativo dell’adozione. Essa è espressione della volontà del Padre affinché neppure uno dei suoi figli si perda, e attraverso una comunione di amore possano essere, nonostante le proprie ferite, delle creature nuove.

L’adozione quindi nasce dal dono per eccellenza: il Padre che dona suo Figlio affinché tutti siano figli nel Figlio. L’adozione crea un’inversione di pensiero nella coppia, avendo come primaria vocazione quella di donare una famiglia ad un bimbo, che a causa del peccato dell’umanità si trova da solo senza alcun punto di riferimento, e non come spesso si pensa di dare un figlio a due sposi che non hanno potuto generare. In questo movimento d’amore vi è l’incontro di due libertà: quella dei genitori desiderosi di donarsi e quella del figlio bisognoso di una famiglia che renderà feconda la sterilità di coloro che lo accolgono. Diverso è l’atto della fecondazione eterologa che non solo si espone ai più svariati pericoli etici (tra i tanti: compravendita di gameti, differenza tra genitori genetici e genitori biologici), ma si inserisce nell’intimo desiderio di un genitore o di una coppia ad “avere” un figlio. Ci pare che la fecondazione artificiale esponga i coniugi o la persona singola, alla falsa idea che il figlio così concepito possa creare meno problemi, non mettendo continuamente in questione la genitorialità, come potrebbe fare il figlio adottivo. Ma si rischia così di “desiderare un figlio” su misura, su quale proiettare le proprie aspettative con la falsa speranza che darà meno preoccupazioni perché “portato in pancia”.

Cercando inoltre che abbia dei tratti caratteristici più somiglianti ai propri genitori, si spera che sia un po’ più figlio, dimenticando che il bambino nato dall’eterologa sarà sì giuridicamente figlio di colei che lo porta in grembo, ma somiglierà in parte ai suoi genitori genetici. Dimenticare che questa creatura è anche frutto dei gameti di altri è una bugia. Potrebbe sembrare che la via all’eterologa sia più facile da percorrere, sia emotivamente che economicamente. Molto spesso però i tentativi falliti e le false speranze che la fecondazione crea nei due coniugi li porta, in un secondo momento, a scegliere per l’adozione. È auspicabile quindi una seria semplificazione dell’iter adottivo per poter donare dei genitori a molti bambini abbandonati.

Va inoltre incentivata da parte ecclesiale e delle associazioni di volontariato la cultura dell’adozione che è una vera propria cultura dell’accoglienza. Secondo J. Schiller: “Non è né la carne né il sangue, ma il cuore, che ci rende padri e figli”. Saprà l’uomo contemporaneo aprirsi alla genitorialità di cuore nell’adozione oppure cederà al proprio desiderio di “produrre” ciò che non può naturalmente avere? Il Crocefisso per amore aiuti l’uomo a capire che solo la logica dell’accoglienza e del dono è la via che nella verità sconfiggerà la sterilità, in quanto Egli: “Fa abitare la sterile nella sua casa quale madre gioiosa di figli”(cfr. Sal 113,9).