Adozione. E se il bambino adottato sconvolgesse il nostro rapporto di coppia?

Irene Castellina: “Con l’arrivo di un figlio, la coppia si trova a confrontarsi su un piano nuovo e molto coinvolgente, quello della co-genitorialità”…

Cosa accade ad una coppia quando arriva un piccolino in famiglia?

Il nostro rapporto rimarrà lo stesso?” … “Manterremo la stessa complicità che abbiamo ora?” … “Discuteremo sull’educazione dei figli?” …

Sono molte le domande che si accavallano nella mente di una neomamma e di un neopapà, soprattutto se possiedono alle spalle una relazione a due già consolidata da lungo tempo.

 Ecco cosa ne pensa Irene Castellina: psicologa e psicoterapeuta

L’arrivo di un figlio è chiamato anche transizione alla genitorialità, un concetto che rimanda ad un passaggio che conduce gli adulti a diventare genitori attraverso l’accoglienza e la cura del figlio.

Questa transizione richiede dei cambiamenti importanti sia a livello individuale che di coppia poiché è necessario che le dinamiche che i coniugi hanno strutturato nella loro relazione a due cambino per fare spazio alla relazione di ciascuno di loro con il bambino e all’essere in tre (o più se non si tratta del primo figlio o se arrivano più figli insieme- e più si è in famiglia più aumenta la complessità delle dinamiche).

Essere genitori insieme

La coppia si trova a confrontarsi su un piano nuovo e molto coinvolgente, quello della co-genitorialità (essere genitori insieme), in cui entrano in campo le rispettive idee sull’educazione dei figli e le esperienze familiari.

Tutto ciò costituisce un compito evolutivo complesso per qualunque coppia ma può essere una sfida ancor più impegnativa per coppie “mature”, con molti anni di convivenza alle spalle, durante i quali si sono consolidate dinamiche solitamente simmetriche, basate sull’essere in due adulti, quindi relativamente autonomi. Tali dinamiche possono essere difficili da modificare proprio perché sono state le modalità con cui la coppia ha affrontato nel corso degli anni molte esperienze e difficoltà.

L’accoglienza di un figlio con problemi sanitari speciali

I problemi di salute, spesso anche quelli non gravi, ci fanno entrare in contatto con la fragilità della vita umana, per questo, quasi inevitabilmente, generano ansia. Ma il modo in cui ciascuno di noi affronta questo genere di angoscia- se la avverte in modo più o meno forte, se riesce ad affrontare la situazione (cure mediche, incertezza degli esiti ecc.) o se, se ne sente sopraffatto – è profondamente connesso alla storia personale e al modo in cui i problemi di salute venivano affrontati dalla famiglia di origine nell’infanzia.

Eventi pregressi connessi alla salute propria o dei propri cari, soprattutto se inattesi, traumatici e se hanno portato conseguenze gravi, specialmente se hanno colpito un figlio, possono influenzare particolarmente la capacità di fronteggiare emotivamente l’angoscia.

La disponibilità ad accogliere un bambino con problemi sanitari speciali da parte delle coppie aspiranti all’adozione è quindi, in alcuni casi in particolare, una questione delicata che richiede che la coppia sia in grado di domandarsi le ragioni del proprio atteggiamento, esplorare le proprie, comprensibili, difese e distinguere tra le esperienze pregresse traumatiche e le vicende presenti.

Irene Castellina – psicologa e psicoterapeuta Ai.Bi. Roma

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