Adozione Internazionale e psicologia: “Che peso ha l’età di un bambino nel suo inserimento adottivo?”

Una domanda ricorrente per i futuri genitori. Ma i bambini grandi riescono a sviluppare una buona resilienza ai ricordi negativi

L’età di un bambino da accogliere in Adozione Internazionale genera sempre un momento di profonda riflessione da parte dei futuri genitori. La domanda ricorrente è: “Che peso avrà la sua età nel suo inserimento adottivo?”. Un bambino in età scolare avrà più ricordi e di conseguenza maggiori difficoltà ad inserirsi nella nuova famiglia?

Senza dubbio un bambino più grande porterà con sé ricordi più definiti del proprio passato: i ricordi
prendono vita nella mente man mano che aumenta la sua capacità di esprimersi attraverso il linguaggio,
perché di conseguenza aumenta la capacità di narrarsi una storia. Tuttavia affinchè un ricordo sia ben
definito è necessario che venga anche “colorato” di una valenza positiva o negativa in base all’emozione
che accompagna un avvenimento.

Adozione Internazionale e psicologia. Per il bambino l’abbandono è un ricordo doloroso

Come accade per ciascuno di noi, è più semplice portare alla memoria un ricordo carico di emozione tanto
positiva o tanto negativa, tutto il resto rimane perlopiù sfumato e poco definito.

L’abbandono, l’istituzionalizzazione, una famiglia di origine disfunzionale, sono ricordi dolorosi che restano
chiari ed indelebili nella memoria, ma i bambini più grandi riescono a sviluppare una buona resilienza ai
ricordi negativi: non hanno cioè permesso a questi ricordi di interferire in maniera completamente
distruttiva nella propria vita. Hanno mantenuto viva la speranza in un epilogo positivo della propria storia,
in una svolta nel diventare finalmente figli, nell’arrivo di una famiglia.

L’arrivo di due genitori segna quindi la possibilità di tracciare un nuovo finale, tanto sperato e che tanto
spesso può aver però vacillato ad ogni compleanno trascorso senza di loro, senza che questo però abbia
portato il bambino ad aver abbandonato la speranza.

Per un bambino al di sotto di un’età scolare non cambia la percezione della sofferenza legata agli
avvenimenti dolorosi, cambia soltanto la possibilità di narrarli e quindi di definirli meglio in memoria e di
raccontarli all’esterno: la difficoltà a fidarsi, la voglia di un legame di attaccamento che però non si sa
ancora assaporare, la poca tolleranza alla frustrazione, sono aree da ricostruire sia che si tratti di un
bambino “piccolo” sia che si tratti di un bambino “grande”.

I genitori quindi si ritroveranno in entrambi i casi a proseguire nella scrittura della storia del bambino,
elaborando insieme i ricordi dolorosi e costruendone di nuovi, diventando un vero e proprio anello di
congiunzione in questa importante storia tra passato e presente.

Al crescere dell’età del bambino cresce anche quindi la misura in cui lasciare spazio ai bisogni psicologici ed
affettivi rispetto a quelli prettamente fisiologici ma una età maggiore può rappresentare un prezioso alleato
nella capacità di resilienza del bambino, perché maggiora sarà la capacità di narrare i propri ricordi
maggiore sarà la possibilità di elaborarli in maniera costruttiva con una giusta guida!

Caterina Calamo
Psicologa e psicoterapeuta – Ai.Bi. – Amici dei Bambini