Tornano a crescere i numeri dell'adozione internazionale in Toscana, dati 2016 su 2015

Adozione internazionale: se i servizi sociali e i familiari vicini alla coppia adottiva ‘remano contro’. Eppure è e resta una scelta meravigliosa

Limiti ventilati o ‘suggeriti’ dagli operatori pubblici a genitori con figli biologici, stereotipi e pensieri negativi di parenti e amici. Le difficoltà evitabili per chi decide di entrare a far parte dell”officina dei miracoli’

Tornano a crescere i numeri dell'adozione internazionale in Toscana, dati 2016 su 2015Una lunga telefonata, che rappresenta, in fondo, una cartina di tornasole delle difficoltà che l’adozione internazionale sta affrontando da qualche anno nel nostro Paese: è quella intercorsa tra il Presidente di Ai.Bi. Associazione Amici dei Bambini, Marco Griffini, e una signora che ha chiesto di adottare un minore straniero.

Il motivo della chiamata? La delusione espressa dall’interlocutrice per come è stato condotto il percorso con i servizi sociali di un noto comune italiano. Un iter definito “penoso” dalla signora, che ha denunciato il fatto di essersi sentita giudicata dagli operatori con il marito, nell’atto di abbracciare questa scelta di generosità e amore.

Sì, perchè – già genitori di due figli biologici – marito e moglie si sono sentiti replicare dagli addetti del comune: “Non vi bastano queste due creature? Perchè dovete incasinarvi con un’adozione internazionale?“.

A questa difficoltà ‘motivazionali’ si sono aggiunte, ben presto, anche quelle indotte dall’opinione di congiunti, amici e conoscenti. Frasi più o meno sibilline, ipotesi campate per aria, fino a giudizi veri e propri, frutto degli stereotipi inconsistenti ma che oggi sembrano andare per la maggiore nell’opinione pubblica: “Vedrai, sarà un drogato, un emarginato…“.

Una vicenda che, certamente, conferma come i recenti anni bui nella gestione della Commissione Adozioni Internazionali, l’autorità nazionale che dovrebbe promuoverle e monitorarle, siano solo uno degli aspetti della questione, che purtroppo deve fare i conti anche con una sorta di ‘regressione’ verso l’egoismo culturale del mondo familiare italiano, ‘spaventato’ all’idea di ridare una famiglia a un minore che non l’ha più o non l’ha mai avuta.

Mi ha colpito – spiega Marco Griffini – l’accorata domanda di questa donna: ‘Ma perchè nessuno ci dice che invece quello che stiamo facendo è un progetto bellissimo?’. Per non parlare – prosegue il Presidente di Ai.Bi. – del decreto ‘vincolato’ all’adozione per un bambino di età non superiore ai 4 anni che la coppia si è vista ‘recapitare’…

Già. Perchè invece i fatti reali, frutto della vita vissuta e delle scelte coraggiose compiute da tante coppie come quella della signora che ha chiamato il Presidente Griffini, parlano di una vera e propria ‘officina dei miracoli’ che sta emergendo pian piano, grazie a quello che rappresenta il più bell’atto di giustizia che si possa fare a un bambino abbandonato e in attesa di un abbraccio: restituirgli il diritto che tutti quanti sentiamo come irrinunciabile. Quello a essere chiamato figlio.