Adozione. Mamma giochiamo al “gioco che io nasco da te”?

“Ci sdraiavamo sul letto e lui si metteva sulla mia pancia con una coperta che copriva entrambi. Poco dopo, ridendo, veniva fuori dalla coperta, lo abbracciavo forte forte e gli dicevo che ero felicissima perché lui era il mio bambino”

Tante volte le famiglie adottive, prese dal panico “della frase improvvisa” chiamano la psicologa che li segue per farsi dare consigli su come affrontare determinati comportamenti, che un po’ imbarazzano, che prendono alla sprovvista, ma soprattutto riportano: “pensavamo avesse superato questa cosa”…
Capita che il figlio o la figlia, ormai da mesi in casa, coi piedi ben saldi nella propria nuova e definitiva dimora, piantate radici stabili, esternino frasi che fanno vacillare i genitori. Domande scomode, richieste di ricordare insieme il tempo trascorso nel paese, parole che riportano qualche nuovo dettaglio e informazioni, che la famiglia finora non conosceva, del tempo trascorso prima di conoscersi. Persino confessioni di emozioni vissute nel “prima”.

Il gioco simbolico della nascita nell’adozione

Non di rado accade che il figlio chieda di giocare al “gioco che io nasco da te”.
Alessandra ad esempio racconta: “Francisco più volte, quando aveva quattro o cinque anni, mi ha chiesto di fare il gioco del -facciamo finta che nasco dalla tua pancia- lo chiamava proprio così! Ci sdraiavamo sul letto e lui si metteva sulla mia pancia, con una coperta che copriva entrambi. Poco dopo, ridendo, veniva fuori dalla coperta, lo abbracciavo forte forte e gli dicevo che ero felicissima perché lui era il mio bambino.
Naturalmente, anche grazie al consiglio della psicologa, alla quale avevamo parlato di questa richiesta, ogni volta gli ribadivo che si trattava di un gioco, perché già gli avevamo detto che lui era nato dalla pancia di un’altra mamma, ma che noi lo avevamo desiderato con tutto il nostro cuore.”
Questo gioco gli piaceva moltissimo! E veniva ripetuto ogni volta lo richiedesse: serviva a tutti noi, per ricordare che, per quanto il nostro legame, così forte e speciale fosse intenso, la realtà era palese e nella memoria di tutti noi tre protagonisti dell’adozione. La mamma di pancia, da cui Francisco nacque, era altrove, ma l’abbraccio tenero, sincero e continuativo, era quello di mamma e papà che dall’Italia avevano attraversato l’Oceano per stare per sempre insieme.

Il “gioco del leoncino abbandonato e accolto”

Questo era un momento ludico che apparteneva al nostro quotidiano, riporta Carla, madre di una bimba adottata da alcuni anni, che ha desiderato ripercorrere la sua adozione “a modo suo”, inventando questo gioco.
“Costruiva un recinto con i cuscini del divano, lei era il leoncino solo, io una signora che visitava lo zoo. Alla vista del leoncino solo e triste, decidevo di prendermene cura, la prendevo in braccio, la coccolavo e la portavo nella mia casa”.
Ecco un’altra modalità di rivivere, con il linguaggio dell’infanzia, il proprio vissuto! Anche in questa famiglia la psicologa ha giocato un ruolo fondamentale, nel riconoscere e dare sfogo al bisogno della figlia di ripercorrere fatti (ed emozioni) del suo passato con lo strumento migliore a sua disposizione: il gioco.
Rievocare, in questo modo, l’abbandono e l’incontro con la sua definitiva famiglia è stato (ed è, perché ogni tanto esce ancora questa necessità di “rimaneggiare l’evento”) un modo per affrontare pensieri ed emozioni che ritornano. In fondo l’abbandono c’è stato! E da parte della madre che l’ha partorita: che garanzie di eternità posso darle io?
…Se invece leggesse nel mio cuore, che è il bene più prezioso mai ricevuto dal Cielo!

“Ma tu ti ricordi cosa abbiamo fatto, quando ci siamo incontrati?

Spesso i genitori ci chiedono se è davvero così normale che, con una certa frequenza, il figlio adottato chieda di ricordare momenti vissuti insieme, durante il viaggio in cui ci si è conosciuti e si è creata la famiglia.
Con cadenza più o meno regolare, o in alcuni momenti con più insistenza di altri, succede che i figli vogliano recuperare dalla memoria quanto fatto e vissuto con mamma e papà arrivati per lui/lei. Ritornano alla mente curiosità, nuovi particolari, come anche eventi detti e ridetti, ricordi ormai indelebili…ma che portano nuova consapevolezza e vigore rinnovato al rapporto genitori/figli.
Va bene che il figlio chieda, e voglia ripetutivamente sapere, come i genitori hanno vissuto quel tempo, che per tutti è stata un’esperienza mai provata prima. Bisogna saper affrontare senza imbarazzo e nessuna ansia queste richieste legittime del figlio, che come tutti i bambini, esige sicurezza e attenzione, vuole avvalorare quanto esperito e cercare conferme che “la scelta fatta allora” è sempre più viva e convinta in mamma e papà.

Informazioni e domande sull’adozione internazionale

Chi sta considerando un’adozione internazionale o semplicemente desidera avere maggiori informazioni a su questi temi, può contattare l’ufficio adozioni di Ai.Bi. scrivendo un’e-mail a adozioni@aibi.it

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