Adozione Nazionale. Griffini (Ai.Bi.): “Il mistero della banca dati dei bambini adottabili non è ancora stato risolto… dopo 20 anni!”

La terza puntata dell’inchiesta del giornalista Igor Traboni sul magazine Orwell.it è dedicata alle adozioni nazionali

“L’Italia non è un Paese per famiglie adottive”. Comincia così il terzo episodio dell’inchiesta del giornalista Igor Traboni sul mondo dell’adozione per Orwell.it. Un episodio che, a differenza dei due precedenti, nei quali si era eviscerato il tema dell’adozione internazionale, si concentra sulle adozioni nazionali.

“Per ogni bambino italiano potenzialmente adottabile – spiega Traboni – ci sono circa 10 copie disponibili a farlo. Eppure, ogni anno, le sentenze di adozione sono di meno”. Inoltre, prosegue il giornalista, “l’Italia (…) nel 1998 ha ratificato la convenzione dell’Aja, punto di riferimento pressoché mondiale per la tutela dei minori e la cooperazione internazionale. Eppure i bambini italiani non sono adottabili da una coppia straniera! E qui si rasenta l’assurdo, perché: o fai parte di certe regole e, quindi, le applichi tutte, oppure sei inadempiente rispetto a queste”.

Traboni ha, su questo tema, intervistato il presidente di Ai.Bi. – Amici dei Bambini, Marco Griffini. Il quale ha spiegato: “Diciamo subito che, come Enti autorizzati non abbiamo competenza sulle adozioni nazionali, la cui materia è di pertinenza dei Tribunali dei minori. Però, c’è questo problema dei bambini italiani che, di fatto, non sono adottabili da cittadini di altre nazioni. A noi è capitato più volte che proprio dall’estero, per esempio da coppie italo-americane, ci venga richiesto di poter adottare in Italia, ma… non si può. Come Ai.Bi. portiamo avanti questa battaglia da molti anni, ma le nostre richieste sono sempre state respinte dalla CAI, la Commissione adozioni, con la motivazione che, in pratica, finché non ci sarà una banca-dati delle adozioni nazionali, non è possibile applicare il principio della reciprocità”.

“La realtà italiana – prosegue a ruota Traboni – insomma, è quella di una grande precarietà che persiste, perché la banca dati, sulla carta, è prevista da una Legge specifica (la numero 149 del 2001 all’articolo 40) poi, però, è servito più di un decennio successivo (e tutta l’ostinazione dell’Aibi) per arrivare a una sentenza del Tar di Roma che (nel febbraio 2013) ha obbligato il Ministero della Giustizia a istituirla. Tutto risolto? Neanche per sogno, perché solo nel 2017 il Ministero ha fatto sapere che, finalmente, i 29 Tribunali per i minori sono collegati tra loro. In pratica, tutto questo tempo (16 anni…) è stato necessario per mettere in rete 29 computer!”

“Anche noi enti autorizzati – chiosa il presidente dell’Ai.Bi. – potremmo dare una grossa mano, collaborando con i Tribunali, nell’interesse del minore, ma…”. Ma la banca dati ancora non funziona…