Adozione. Se i fratelli non diventano subito fratelli…

Quando un nuovo figlio arriva in famiglia: un fattore di rischio rispetto al buon esito delle adozioni?

La presenza di figli in famiglia, siano biologici o adottivi, è ritenuto da molti studiosi un fattore di rischio rispetto al buon esito delle adozioni. Questo è da imputarsi spesso alla mancanza di uno spazio di accoglienza adeguato in seno alla famiglia adottiva. Si potrebbe pensare che avere già un’esperienza genitoriale sia sempre di per sé un valore aggiunto per chi arriva, ma purtroppo non è così, perché questo errore di valutazione, spesso compiuto dalle famiglie, impedisce loro di mettersi abbastanza in gioco nel percorso di preparazione.

Il processo di affiatamento con un bambino che ha una storia di abbandono è spesso complicato, faticoso, doloroso. Chi è stato abbandonato, ignorato, malcurato o maltrattato, ha un’enorme difficoltà a fidarsi di possibili figure di riferimento, ma non sa dirlo. O meglio, non sa dirlo a parole, ma lo può dire con comportamenti di sfida, di ribellione, di distanza emotiva, di rabbia e agitazione.

Sia verso la coppia, sia verso i figli già presenti, verso cui può nascere competizione. E, se già una coppia può sentirsi in difficoltà e temere di non riuscire a far evolvere la situazione in una direzione positiva, in una coppia con figli può scattare un meccanismo difensivo di percezione di pericolo dell’estraneo, del diverso, che porta a chiudere quelle braccia che erano aperte.

Adozione e fratelli: il rischio e le opportunità

Così, l’unica possibilità di trasformazione emotiva per questi bambini, cioè il poter ricreare una qualche forma di attaccamento nei confronti di figure di riferimento, svanisce in breve. Spesso bruscamente. E la coppia rinuncia all’abbinamento e al progetto adottivo. Un fallimento enorme per tutti si compie. Ma solo uno ne sconterà le conseguenze in maniera davvero profonda: quel bambino che si aspettava di poter essere finalmente compreso, guardato, amato.

L’esperienza quotidiana sul campo ci mostra che, al di là dei numeri statistici, le adozioni da parte di famiglie con figli possono rivelarsi un’esperienza molto ricca per tutti: possono favorire nel bambino che arriva un forte senso di rassicurazione e di desiderio di appartenere e quindi meglio predisporlo all’apertura; possono essere fonte di grande stimolo per tutti i fratelli e favorire evoluzioni positive nella crescita dei fratelli maggiori, sia da un punto di vista psicologico che emotivo. Si creano delle famiglie di una bellezza poetica.

Alcuni Tribunali dei Minorenni, quali quello di Genova e quello di Bologna per esempio, nell’ultimo periodo hanno concesso quasi esclusivamente decreti di idoneità vincolati all’adozione di un solo minore, indipendentemente dalle famiglie che hanno incontrato. Assumendo una posizione preventiva che, se da un lato cerca di contenere i fallimenti adottivi, rischia anche di limitare fortemente le possibilità di accoglienza, aspetto che va a scapito dei numerosi bambini in attesa di una famiglia. Da cui la necessità di un cambiamento di prospettiva culturale: l’adozione non è esclusivamente un canale per avere un figlio, ma ha una forte dimensione sociale ed etica.

Quando allarghiamo il focus dal nostro piccolo orticello e osserviamo il mondo intero e i differenti punti di vista, solo allora possiamo comprendere l’importanza di un profondo e costante lavoro di accompagnamento delle famiglie adottive, per farle crescere, aprire e contattare sempre più intimamente le proprie risorse di accoglienza. E realizzare dei bellissimi sogni.

Francesca Berti
Psicologa e psicoterapeuta – Ai.Bi. – Amici dei Bambini