Cina. “Così mia figlia mi ha convinto ad adottare Chen di 10 anni ecco come ha fatto”

Tutte le storie di adozione sono speciali ma è indubbio che quella di Sara e Alberto abbia delle peculiarità.

La prima ad entrare in famiglia è stata Xixi nel 2010: allora aveva 6 anni. Poi è arrivato Chen, 10 anni.

Non si tratta solo dell’adozione di due figli grandicelli, avvenuta in momenti diversi della loro vita, ma dell’accoglienza di due ragazzini che hanno portato con sé molto vissuto, un passato che inevitabilmente è ancora molto presente.

La prima ad entrare in famiglia è stata Xixi nel 2010: allora aveva 6 anni, una vita trascorsa con alcuni familiari in zone remote della campagna cinese, vivacissima.

Stava bene quando l’abbiamo incontrata: aveva trascorso poco tempo in istituto. Ricordo ad esempio che non sapeva salire le scale, perché non aveva mai avuto occasione di farle. Era uno special need, per una grave palatoschisi. Oggi dopo sei interventi le ha lasciato qualche strascico per cui ha ancora qualche difficoltà linguaggio. Tuttavia Xixi nella vita, a scuola arriva dappertutto, dove vuole grazie alla sua tenacia”.

E’ Sara a introdurre la storia adottiva di famiglia che ha avuto una felice continuazione la scorsa estate quando insieme al marito e a Xixi è partita per andare a incontrare Chen, 10 anni. Ed è stato anche il desiderio di un fratello o sorella espresso dalla ragazzina, oggi 14enne, a spingere la famiglia a ripetere il viaggio verso Oriente. Un desiderio, aggiunge la mamma, che “aveva sollevato in noi qualche preoccupazione: Chen era grandicello e lei adolescente. E invece….le nostre ansie sono svanite in Cina, pochi giorni dopo l’incontro”.

Una magia che ha permesso ai due ragazzini di sentirsi fratelli all’istante: a detta dei genitori sembra siano uniti da sempre, trovano i loro equilibri sempre e comunque.

Nostro figlio non è cresciuto in istituto dalla nascita – racconta Alberto -: ha vissuto con il padre e in nonni paterni fino a sei anni. Non ha alcun problema di salute, è ‘semplicemente’ grande e con un passato del tutto particolare. Ma anche in questo c’è un aspetto positivo: Chen sapeva cosa fosse una famiglia e quindi sta ricostruendo con noi le relazioni e gli affetti fondamentali”.

La figura paterna è stata la prima cui Chen si è affidato. “Pensavamo portasse con sé un carico di rabbia, per la sua storia, per il fatto di ricordare che il padre biologico lo avesse lasciato davanti all’istituto – dice Sara – . E invece Chen è un bambino che parla, non nasconde i confronti del suo ieri e del suo oggi. Siamo impressionati di come ne abbia voluto parlare in fretta e di come avesse espresso, già in Cina, il desiderio di una famiglia”.

E’ come se Chen, dopo pochi mesi dall’incontro con mamma, papà e Xixi, abbia compreso la differenza tra cosa significhi essere genitore oppure no, tra l’esserci ogni giorno e per sempre e rinunciarvi. Qualcosa che non ha nulla a che vedere con i legami di sangue.

A quasi sei mesi dal ritorno in Italia, i due fratelli, sempre complici e affiatati, stanno tuttavia attraversando due fasi distinte: “Xixi è adesso alla ricerca della sua identità tanto che vorrebbe trovare una scuola per studiare cinese: la Cina, complice anche il recente viaggio, è presente nella sua vita – raccontano Sara e Alberto – ; Chen invece cerca di accantonare tutto ciò che è cinese. Ma è normale sia così”.

Xixi frequenta la terza media, Chen la terza elementare. Per lui l’ingresso a scuola è stato molto graduale: qualche ora prima di Natale, dopo che la famiglia aveva preparato il terreno con le maestre prima della partenza per la Cina, poi regolarmente da gennaio. “E’ un bambino che già andava a scuola ed era abituato alla fatica – dice Sara – : ha voluto restare con i bambini a tempo pieno e sembra contento. Mi ha detto anche – aggiunge la mamma – che la mensa a scuola è migliore della mia cucina!”.

Sara e il marito fanno parte di gruppi di famiglie adottive della sua zona: “La paura del bambino grande è diffusa ma io dico sempre il contrario – concludono – : siamo la dimostrazione che adottare due figli grandi, con ricordi vivi dei loro familiari biologici, è possibile. Per quanto in contesti che noi non conosciamo, sono stati in famiglia sono stati amati

E questo amore è stato sufficiente per ricostruirne uno nuovo, per sempre.