Affido: prendersi cura di un bambino di 20 giorni… e di suo papà

L’affido familiare non si limita ad accompagnare un bambino nel suo percorso di vita, ma coinvolge anche i suoi genitori. Come racconta questa splendida esperienza personale di un bambino di 20 giorni, suo papà, e una famiglia che ha accolto entrambi nella propria vita

Durante le feste di Natale, il papà si è presentato con un regalo per ogni componente della famiglia: per suo figlio, prima di tutto, ma anche per il cane di quella casa, Charlie, che guarda caso si chiama proprio come il suo.
La vita di Giovanni, seppure difficile, da qualche tempo scorre più serena, grazie a quell’affido familiare che protegge suo figlio Paolo di 3 anni. Entrambi sono accompagnati verso una vita autonoma che, con il tempo, Giovanni imparerà a costruire.

Accogliere in affido un figlio… e suo papà

“Paolo è arrivato da noi quando aveva 20 giorni – raccontano Elisabetta e Giuseppe, genitori affidatari di minori allontanati dalle famiglie di origine: a dire il vero ci aspettavamo di seguire un bambino più grande, perché non siamo una coppia giovane, ma avendo dato una disponibilità ampia, tre anni fa abbiamo accettato la proposta”.
La particolare situazione di Paolo, con una mamma biologica non in grado di svolgere il ruolo genitoriale, ha fatto sì che Elisabetta e Giuseppe si prendessero, in qualche modo, cura anche del papà, per varie ragioni non in grado di crescere un neonato.
Paolo aveva bisogno di aiuto fin dai suoi primi giorni di vita ma non era stato dichiarato adottabile.
“Il progetto di affido per Paolo comprendeva anche il papà, nel senso che l’obiettivo era lavorare per un futuro reinserimento con lui, ormai separato dalla madre biologica – spiega Elisabetta: il padre ha difficoltà e fragilità, ma non è certo intenzionato ad abbandonare il figlio. Giovanni ha una sua attività che tuttavia non gli consente di crescere un bambino così piccolo. Non ha più i genitori né una famiglia che lo sostenga, così in questi anni siamo diventati noi la sua”.

L’importanza di una rete

Dopo la preparazione all’affido nella sede Ai.Bi. di Affori, Elisabetta e Giuseppe hanno iniziato a far rete con altre famiglie accoglienti: ogni progetto di affido ha maggiori possibilità di riuscita se è forte la comunità, piccola o grande che sia, intorno alla famiglia ospitante.
“Abbiamo una figlia che oggi ha 17 anni, coinvolta fin dall’inizio nel progetto affidatario di Paolo. È stata di grandissimo aiuto – aggiungono: i primi anni si è dedicata moltissimo al piccolo neonato e oggi lo sente come un fratello”.
Lavorando a casa, Elisabetta racconta come sia stato più facile offrire disponibilità all’accoglienza, anche rispetto alle situazioni tipiche del Pronto intervento affido che si verificano quando, in emergenza, occorre tutelare i bambini e non è possibile affidarli all’interno della cerchia familiare. È ciò che è accaduto a Paolo tre anni fa.
Oggi, Giovanni incontra Paolo periodicamente in uno spazio neutro, come prevede la procedura, quattro volte al mese contro le due che normalmente vengono concesse; data la sua presenza assidua, sta lentamente entrando nella vita di suo figlio anche in altri momenti dedicati.
“La scorsa estate Giovanni ha trascorso qualche giorno con noi al mare – racconta Giuseppe – e ultimamente, d’accordo con i Servizi sociali, durante il fine settimana vive con Paolo esperienze positive e ‘normali’ per qualsiasi genitore, come andare a giocare al parco o visitare un museo. Io li accompagno ma cerco di lasciare il più possibile questo tempo insieme”.
Sebbene il rientro in famiglia per Paolo non sia imminente, i segnali raccolti finora sono positivi.
“Il papà di Paolo è una brava persona, collaborativa e presente – dice Elisabetta, che insieme al marito è relatrice durante i corsi informativi sull’affido familiare promossi da Ai.Bi. – Durante le feste di Natale abbiamo dato la possibilità a Paolo di vedere il papà e poi abbiamo festeggiato assieme il primo dell’anno”.
Si può dire certamente che quello di Paolo sia un affido promettente per il futuro e, per quanto sorvolino sulle loro fatiche quotidiane perché questa vicenda sia scritta a tinte rosee, Elisabetta e Giuseppe non mancano di segnalare le innumerevoli incongruenze che non rendono semplice la vita delle famiglie ospitanti. “Basta che la residenza del bambino sia diversa da quella dei genitori affidatari, come è il caso di Paolo, che i servizi sul territorio (asilo nido, scuola materna..) e i benefici cui il piccolo ha diritto cambino da Comune a Comune: si potrebbe fare molto di più per questi bambini e anche per le famiglie che potrebbero altrimenti scoraggiarsi di fronte a troppa burocrazia”.
Chi desideri avere maggiori informazioni sul mondo dell’affido o partecipare ad uno degli incontri informativi organizzati da Ai.Bi. può farlo, consultando la pagina dedicata QUI