An Cheng, 5 anni: “So scrivere solo 50 parole. Le più importanti: mamma, papà, dove siete?”

appello bimba cinese  new 350-200 (3)Mamma, papà, dove?, pappa, buona, tanta!, correre, giù su, cuore, un due, bum, cammina, brutta,bambina, casa, dottore, bua, via…

Se sapesse scrivere più di 50 parole, An Cheng le metterebbe in fila, una accanto all’altra, a formare una lunga lettera. Se sapesse parlare la nostra lingua, rinnoverebbe una promessa, la stessa che ha fatto a se stessa e a cui si aggrappa ogni giorno quando ripete, per ore, i suoi noiosi esercizi posturali e muscolari: “Un giorno correrò anch’io!”.

Adesso cammina piano piano, sa scrivere in bella calligrafia il suo nome, è tutta fiera di saper già leggere e contare: ha solo 6 anni! E’ una brunetta vivace, sempre con una matita in mano. Era magrissima quando è arrivata nell’istituto di Xi’an. L’avevano trovata davanti alla porta della Guangda Colorful Steel Factory: un fagotto infreddolito. Non piangeva neanche più: la polizia ha cercato dappertutto i suoi genitori, ma non si è trovato né un parente né una famiglia che segnalasse la sua scomparsa o che chiedesse di lei. Vive in istituto da allora, dal 2008.

Per questo le prime parole che ha imparato a dire sono: mamma e dove…

Un “dove” che contiene tutte le domande a cui non ha ancora trovato risposta: Dove sono? Dove sei? Dove posso trovarti?

An Cheng ti guarda dritto negli occhi con un sorriso sempre a metà, sempre sul punto di spegnersi. Ha visto troppi dottori per la sua età. E adesso sta facendo di tutto perché qualcuno si ricordi di lei per qualcosa di diverso da quel certificato medico che la bolla come una paziente, anziché una bimba affamata di amore: paralisi cerebrale.

Dottore, bua, via

An Cheng cammina, parla, scrive, cresce… Sa che paralisi è solo una parola, che se la scrivi sembra tanto brutta, ma se ci cammini sopra, a poco a poco, sparisce, si cancella, un passo alla volta. Nella casa di accoglienza, dove Ai.Bi. opera insieme a OVCI -la Nostra Famiglia, viene seguita quodianamente da una psicomotricista e una psicologa.

Cammina, brutta, giù su

A forza di andare avanti e indietro per le scale, tutti i giorni, adesso si muove svelta, va dove vuole, aiuta persino a rimettere a posto i letti e a fare ordine sui tavoli della mensa.

Perciò è la più testarda di tutte. Perciò è diventata la più mangiona dell’istituto. Il cibo è la sua compagnia, la sua forza, il suo modo di richiamare l’attenzione. Riso, porridge, coniglio stufato, verdura, noodles, tutto nello stesso piatto.

Pappa, buona, tanta!

I passi sono più forti delle parole brutte. Cominci a metterne uno dietro l’altro e ti portano lontano. Il cuore è come lo stomaco. Quando è vuoto, fa bum bum e hai paura di tutto, i gradini diventano montagne, ti vengono le vertigini, inciampi e sembra che non ce la farai mai.

Quel vuoto dentro, se non fai attenzione, ti fa cadere e non ti alzi più. Ti toglie anche la forza di sperare, la voglia di fare le flessioni, di scrivere e di imparare nuove parole, parole belle, parole come casa, come correre…

Chi vuole dare alla fame di An Cheng la giusta dose d’amore anziché solo un piatto di riso in più?

An Cheng ha scritto un appello. Ha composto lei stessa la lettera più importante, da spedire qui, in Italia. Perché una famiglia possa accoglierla e riconoscerla come figlia.

Anche se ha solo 50 parole per dire quello che vuole, gliene sono bastate quattro: Mamma, papà, casa, via.

Mamma, papà, se ci siete da qualche parte, venitemi a prendere, portatemi a casa, portatemi via!