Appelli per affido: come distinguere fra quelli veri e le bufale?

Cara Ai.Bi.

ho letto dell’appello per i due fratellini di Pietrasanta e dopo aver preso contatti con il Centro affidi di competenza, mi hanno risposto in maniera ‘evasiva’. Cosa che mi ha alquanto scoraggiato. Sui social, inoltre, ho letto di persone che sostenevano che fosse una bufala. Ritengo che tutto ciò sia terribile, perché oltre a generare confusione, crea diffidenza e scetticismo verso l’affido, una forma di aiuto e accoglienza nella quale credo. Almeno fino a ieri: perché onestamente mi chiedo se questi appelli non siano invece specchietti per allodole…e mi scoraggio.

Ma poi penso a questi bambini che avrebbero tanto bisogno di aiuto…e non so che fare. Come ci si può districare in questa ‘giungla’?

Un caro saluto

Una mamma affidataria in crisi

Cara ‘mamma affidataria in crisi’,

La prima cosa da fare è non scoraggiarsi!

Molte polemiche sono sorte spesso intorno alla pubblicazione di appelli.

Bisogna tener presente che da un certo punto di vista questi annunci sono un tentativo per sensibilizzare le famiglie all’accoglienza affidataria. Non sarebbe corretto pubblicare troppi elementi che potrebbero portare all’individuazione del minore sotto tutela o della sua famiglia d’origine.

Spesso i servizi utilizzano giornali o siti per raggiungere famiglie alle quali proporre veramente un caso specifico oppure per proporre percorsi di avvicinamento all’affido e aumentare il numero di famiglie su cui poter far affidamento in caso di bisogno. Quindi in un certo senso possiamo anche dire che alcuni annunci sono “specchietti per le allodole”.

Inviare comunque le famiglie disponibili al Centro Affidi, invece, è assolutamente corretto. Qui possono formarsi, se necessario, o iniziare il percorso di abbinamento al bambino che ha bisogno di essere accolto.

Anche le risposte “evasive” possono essere effetto della necessaria tutela del bambino coinvolto.

D’altro canto la motivazione all’accoglienza non può spegnersi di fronte ad una risposta evasiva. Come possiamo pensare che un servizio non sia cauto prima di prospettare ad una famiglia un’affido? O prima di raccontare dettagli del bimbo? Ci vuole un lungo percorso di conoscenza della famiglia da parte dei servizi e del caso da parte della famiglia candidata.

Un modo per evitare queste, comunque, spiacevoli esperienze nei primi approcci con i servizi sociali, è affidarsi ad un’associazione.

Ai.Bi. per esempio, ormai da anni, sensibilizza, forma e accompagna famiglie all’accoglienza famigliare temporanea ponendo particolare attenzione, nel rapporto con i servizi, alla famiglia disponibile che è una grande risorsa per i troppi bambini fuori famiglia e come tale va sostenuta e coccolata.

Tutta questa attività viene svolta da professionisti (pedagogisti, assistenti sociali, psicologi, avvocati) e dalle famiglie della rete di mutuo-aiuto.

Ai.Bi. collabora con una serie di servizi sociali che inviano direttamente all’associazione la richiesta di famiglie per i bambini in carico. Ciò significa che l’associazione può segnalare a più servizi la disponibilità di una famiglia, allargando di fatto la possibilità di risposta ai bisogni dei bambini e di conseguenza sfruttando al meglio la risorsa famiglia che difficilmente arriva a sentirsi “inutile”.

Cristina Riccardi