Assaad: “Se sono scampato a un colpo di mortaio, posso rischiare di nuovo la vita per mare”

syria-boy-appeal-pageFamiglie spezzate da un colpo di mortaio, dal tiro preciso di un cecchino che raggiunge un bersaglio umano a centinaia di metri di distanza, da bombe a grappolo che col fosforo bruciano tutto quello che trovano, anche i raccolti. Così chi non muore di guerra muore di stenti.

In Siria i giovani hanno perso tutto e non hanno alcuna intenzione di perdonare il nemico… La vendetta sembra l’unico sentimento su cui tutti concordano, l’unico ideale condiviso”: è questo che raccontano gli occhi senza speranza di Assaad (*il nome è di fantasia). Non avrà ancora vent’anni.

Un colpo di mortaio ha colpito al cuore la sua casa: ha trapassato il tetto e la parete della camera. Il proiettile è arrivato a meno di un metro dal suo letto, ne sentiva il calore sulla faccia. Assaad era lì che dormiva, non avrebbe fatto in tempo a scappare, non sarebbe riuscito ad alzarsi, forse neppure a formulare un pensiero, certo non a sopravvivere. Ma è successo un miracolo, la bomba è rimasta inesplosa: perfetta e circolare accanto al suo letto. Lui si è sollevato piano piano dal materasso, le ha girato intorno, in silenzio, con una cautela e una lentezza di movimenti che contrastava il battito impazzito del cuore e la voglia disperata di urlare e mettersi a correre.

Appena fuori da quello che restava della sua casa, è scappato senza più voltarsi indietro. Con lui il padre, la madre, i fratelli. Hanno camminato fino a che avevano fiato…

Non è stato facile entrare in Turchia, con solo i vestiti addosso e la paura ancora sotto pelle. Più difficile è stato decidere di dire addio per sempre al Paese amato. Assaad non tornerà più indietro, non rivedrà mai più la Siria.

L’ha giurato a se stesso, come migliaia di giovani qui sul confine turco, nella città di Reyhanli. “Sono un sopravvissuto. Se sono qui è per caso o forse per volere di Allah. Perciò la mia vita non conta niente se non la scommetto ancora. Io raggiungerò l’Europa. Devo arrivare a Nord, in Svezia, là vive un mio lontano parente. Lo troverò. Devo solo raccogliere abbastanza soldi per il viaggio. Per mare, per terra, non lo so, non importa”.

Assaad conosce i rischi. Divide un tetto di fortuna con la sua famiglia e altri ragazzi scappati dalla zona di Binnish. C’è anche una famiglia sciita, madre e figli: arrivano da Al Fu’ha. Il padre era un soldato siriano: si è rifiutato di sparare sui civili ed è stato freddato sul posto.

Qui si fa la conta dei morti ogni giorno. Poco importa che avvenga nella stiva di una nave verso una speranza oppure a casa propria, in Siria, uscendo in strada per cercare qualcosa da mangiare o magari dentro una cantina-bunker, aspettando di fare, prima o poi, “la fine del topo”.

La vita non conta più niente quando la morte ti alita in faccia il suo fetore ogni giorno.Per questo devo scommettere ancora. Sono un miracolato: se arriverò in Svezia, allora vuol dire che vale la pena di ricominciare. Anche se ho perso tutto”.

Così s’imbarcano, ogni giorno, centinaia, migliaia dei disperati, che arrivano sulle nostre coste. La storia di Assaad è solo una delle tante, neppure la più tragica. Almeno Assaad ha una meta e, forse, qualcuno che lo aspetta al di là del mare.

Se vuoi aiutare Assaad e la sua famiglia a poter ritornare nel Paese che ama, sostieni il progetto di Ai.Bi. “Bambini in Alto Mare”