Bolzano. Anche questa è accoglienza: insegnare a cucinare un piatto italiano!

Dopo aver partecipato al progetto sulla NeoGenitorialità, una mamma nigeriana si è rivolta ad Ai.Bi. per un problema riscontrato all’asilo dal figlio. La soluzione, quando c’è fiducia, passa anche… da un piatto di pasta

Nonotante le difficoltà create dal lockdown, che ha fatto interrompere gli incontri cominciati nel 2019, poi ripresi durante l’estate 2020, il progetto di sostegno alla genitorialità organizzato da Ai.Bi. Bolzano con il coinvolgimento di una quarantina di famiglie ospiti nelle strutture di accoglienza casa migranti Noah e casa migranti Arnika, ha dato ottimi frutti.

Un progetto di accoglienza e integrazione

Gli incontri organizzati con i genitori hanno toccato tanti temi cruciali, come l’alimentazione e le malattie dei più piccoli, l’importanza delle regole e del corretto uso della tecnologia, la sensibilizzazione nella gestione del biculturalismo.

Il precorso ha mostrato il coinvolgimento delle famiglie, via via più fiduciose anche nell’affidare i propri figli ai volontari Ai.Bi. mentre seguivano gli incontri.

L’esempio di una fiducia conquistata

Una conferma di quanto sia stato positivo il percorso si è verificato nei giorni scorsi, quando una mamma nigeriana che aveva seguito gli incontri sulla NeoGenitorialità si è presentata alla sede di Ai.Bi. perché aveva riscontrato delle difficoltà di inserimento del suo bambino alla scuola materna. Il bimbo rifiutava il cibo e non giocava con gli altri compagni.
La richiesta della mamma ha fatto piacere in quanto ha fatto capire come, grazie a questo progetto, si sia creato un vero rapporto di fiducia.

Durante il colloquio è emerso che la causa del rifiuto del cibo da parte del bambino era l’abitudine di mangiare solo cibi africani molto speziati, mentre i pasti della mensa hanno sapori molto più neutri.

Con la mamma si è dunque concordato l’impegno da parte sua di preparare una volta a settimana un cibo della cucina italiana o tedesca e di mangiarlo insieme al bambino, con la struttura che la ospita che si è impegnata a sua volta a insegnare alla mamma alcuni rudimenti della cucina locale.
Quanto al fatto di non giocare con i compagni, parlando con il bambino si è capito come la difficoltà derivasse da un problema linguistico. Si è quindi provveduto a spostarlo nella scuola tedesca, dove non ci sono mediatori linguistici.

Questo è un esempio concreto di come il progetto attuato sia stato non solo proficuo nell’informare le famiglie e cercare di fornire loro un primo supporto generale su temi importanti, ma anche per creare un rapporto di fiducia che offra a queste famiglie un aiuto concreto, qualcuno a cui fare riferimento e chiedere aiuto di fronte alle difficoltà che inevitabilmente si incontrano lungo il percorso dell’integrazione e della vita familiare.