Cam di Milano, 17 minori potrebbero andare in affido ma restano in “istituto” perché non si sa dove ricollocare i dipendenti

cam milanoDa oggi probabilmente si dovrà parlare di “superiore interesse dell’adulto”, anziché di quello dei minori. Perché a Milano si sta verificando una situazione paradossale, in cui il diritto di 17 bambini a poter contare sull’affetto e il calore di una famiglia viene messo in secondo piano rispetto alla necessità di ricollocare i dipendenti di una struttura che, per legge, non dovrebbe neanche più esistere. Trovare una nuova occupazione a chi rischia di perdere il proprio lavoro è senza dubbio una priorità, ma non si può dimenticare il destino di tanti minori a cui la vita ha già imposto prove durissime.

Il riferimento è alla vicenda del Cam di Milano, il Centro assistenza ai minori. Una struttura che prima faceva capo alla Provincia e che poi, dopo la scomparsa di questa istituzione, non è rientrata tra le funzioni assegnate alla Città Metropolitana. Si era quindi deciso di chiudere entro il 31 dicembre 2015, ma Regione e Comune di Milano hanno concordato una proroga, costata 250mila euro, fino a tutto il 2016, concedendosi un anno di tempo in più per ricollocare i dipendenti e per trovare una famiglia affidataria ai 17 minori attualmente ancora in carico al centro. Tutti bambini temporaneamente allontanati dal proprio nucleo familiare di origine a causa della situazione di forte difficoltà e disagio che questo attraversa.

Certamente positivo l’impegno nei confronti dei lavoratori. “Voglio rassicurare tutte le parti sociali e istituzionali coinvolte, oltre che le dipendenti – ha annunciato il consigliere delegato alle Pari opportunità della Città Metropolitana, Rosaria Iardino -: nessuno perderà il posto di lavoro e, ancor più importante, i bambini non risentiranno assolutamente dei cambiamenti che le norme ci impongono”.

Peccato, però, che per trovare una famiglia affidataria a 17 minori ci si impiegherebbe molto meno di un anno. Poche ore, sarebbero sufficienti, vista le decine di disponibilità offerte da aspiranti famiglie accoglienti. Invece si preferisce tenere in vita il Cam per un anno intero, anteponendo le esigenze degli adulti, pur legittime, a quelle dei bambini. Una situazione aggravata dal fatto che il Cam, per legge, non dovrebbe neanche più esistere. Si tratta di un istituto a tutti gli effetti, anche se “mascherato” da comunità educativa: il centro è costituito infatti da 4 comunità educative ospitate nello stesso stabile, un modo per “camuffare” la presenza di un istituto, del tutto simile a quelli che, secondo la legge, avrebbero dovuto essere chiusi entro il 31 dicembre 2006. A inizio novembre 2015, 4 soggetti, tra cui Ai.Bi. – da sempre impegnati al fianco dell’infanzia in difficoltà e tutti con una rete di famiglie disponibili all’affido – erano intervenuti sul tema con un comunicato congiunto in cui si chiedeva di mettere al primo posto il diritto dei minori.

Oltre a non fare l’interesse dei bambini, la soluzione adottata da Regione e Città Metropolitana non convince neppure le dipendenti del Cam, che definiscono le affermazioni di Iordino “incomplete e fuorivianti”.

 

Fonte: Avvenire