Cambogia: dove i figli non sono chiamati “cuccioli’!

cambogia cuccioliUna bambina seminuda barcolla trasportando un cesto di bambù. Si ferma, cerca l’equilibrio bloccando bene i piedi sul ripido pendio di una collina e inizia a raschiare con le dita delle mani il suolo rosso ruggine in cerca di tuberi. Siamo nella provincia di Ratanakkiri, nel nord della Cambogia.

Dalle lussureggianti e verdi foreste di Ratanakkiri ci muoviamo verso il blu scuro del fiume Tonle Sap, nella provincia di Kompong Cham, dove un ragazzo adolescente aiuta suo padre nel cercare di racimolare il misero bottino del giorno: qualche etto di pescato, nient’altro. Padre e figlio tornano alla loro casa di legno galleggiante, lamentando la mancanza di pesce.

Infine, ci spostiamo nella provincia di Svay Rieng, dove una madre single, aiutata dalla sua primogenita di soli 13 anni, taglia gli steli dorati delle piantagioni di riso con una falce. Non appena finito il lavoro nei campi, la figlia deve recarsi a lavorare in una fabbrica di abbigliamento di Phnom Penh per ripagare i debiti della famiglia.

Il documentario pluripremiato “Un fiume cambia percorso”, diretto dal regista cambogiano-americano Kalyanee Mam, ha colpito profondamente il pubblico internazionale, raccontando la storia di questi tre figli con il futuro segnato.

Il filmato dura 83 minuti, ed è stato realizzato in collaborazione con il Centro di Documentazione della Cambogia e presentato a fine gennaio 2013, al Sundance Film Festival in Utah, dove è stato insignito del Premio World Cinema dalla Gran Giuria.

Il pubblico é rimasto scioccato soprattutto dal fatto che bambini così piccoli lavorassero con degli utensili molto pericolosi come coltelli e falci e che si accollassero lavori faticosissimi come tagliare la canna da zucchero. Ma ciò che scandalizza ancora di più é il fatto che nessuno di questi bambini abbia un’alternativa: sono costretti a lavorare per sopravvivere e provvedere alle loro famiglie“, ha spiegato il regista. “Nel mondo occidentale e industrializzato, i bambini sono fin troppo protetti e non devono preoccuparsi di nulla. In Cambogia il senso della famiglia é molto forte e si lavora all’unisono, genitori e figli, uno accanto all’altro, però i bambini non si vedono riconosciuto alcun tipo di diritto. La maggior parte dei piccoli cambogiani non hanno la possibilità di vivere una vera e propria infanzia, fatta anche di giochi e non di lavoro e responsabilità”, ha continuato Kalyanee Mam.

Sari Math, il ragazzo pescatore che aiuta suo padre, racconta che ha potuto studiare solo fino alla terza media e che ha dovuto smettere per mettersi a lavorare e contribuire a sostenere la sua famiglia. Per questa stessa ragione Khieu Mok, il fratello maggiore nella sua famiglia di otto persone, ha dovuto trovare un lavoro in una fabbrica di abbigliamento lontano da casa.

Nonostante tutti i loro sacrifici, il documentario mette in chiaro che il futuro di questi bambini e delle loro famiglie sono incisi tra l’acqua e la terra…Non li attende altro che lavoro duro e condizioni di vita poverissime, senza alcuna possibilità di riscatto. Lo sviluppo economico in Cambogia sembra non tenere conto di questa parte di popolazione e del grave sfruttamento dell’infanzia.

Come se non bastasse, il depauperamento indiscriminato di risorse inizia a far sentire i suoi effetti. Lo sfruttamento senza controlli delle acque del Tonle Sap, per esempio, ha portato a una diminuzione del pescato giornaliero. Così Sari Math oggi è costretto, per integrare, anche ad andare a lavorare in una piantagione di manioca come operaio per una società privata.

La bimba raccoglitrice di tuberi passa le sue giornate a sognare un giorno di poter uscire dalla foresta, studiare e fare l’insegnante…

La piccola raccoglitrice di riso lancia ogni colpo di falce pregando che, ad essere falciato, non sia anche il suo futuro

Tre storie che potrebbero essere dieci, cento, mille … Tre storie che, dietro una sofferenza innocente, raccontano la libertà di sperare e la voglia e il desiderio di cambiare e di scegliere un domani migliore.