Cassazione: la sconcertante sentenza sulle coppie gay. Come provare gli effetti di un danno non ancora prodotto?

cassazioneCon una sconcertante sentenza, depositata l’11 gennaio 2013, la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un padre e confermato l’affidamento del minore alla sola madre nonostante questa convivesse con un’altra donna.

I giudici della Cassazione, pur essendo pacifico che la madre del bambino, ex tossicodipendente, fosse andata a vivere con una donna – peraltro, con la ex educatrice del centro di recupero presso il quale la madre era stata ospitata -, non hanno accolto la richiesta del padre di riformare la sentenza di appello, ritenendo che non fossero sufficientemente specificate le ripercussioni negative dell’ambiente familiare in cui il minore vive sul piano educativo e della sua crescita.

“La Cassazione si è spinta in qualche modo al di là delle proprie competenze”: questo il commento del Presidente di Ai.Bi. Marco Griffini, preoccupato dal messaggio fuorviante che questa sentenza porta con sé, visto che i giudici hanno in sostanza ritenuto che non possa considerarsi patrimonio della coscienza e conoscenza comune il fatto che i minori subiscono un danno vivendo in un ambiente familiare omosessuale.

In effetti, è bene chiarire che questa sentenza non dichiara affatto che ogni minore possa vivere senza problemi con una coppia di genitori omosessuali. In essa si dice, però, che è necessario fornire di volta in volta le prove del “pregiudizio”, cioè del pericolo e del danno, che si ritiene il minore possa subire all’interno di un nucleo familiare di quel tipo.

La sentenza della Cassazione ha sollevato un vespaio di critiche e plausi, forse a torto perché, come qualcuno ha già osservato, è legata al caso specifico ma non apre affatto la strada all’adozione per le coppie omosessuali. Tuttavia è certo che esistono delle forti criticità in questa decisione perché è sicuramente difficile, per chiunque, fornire le prove di un danno che si verificherà in futuro in esito alla permanenza in un nucleo familiare non composto da un padre e una madre.

Come poteva il padre dimostrare un danno che deve ancora prodursi?

Forse gli avvocati del padre avrebbero dovuto depositare in causa copia degli innumerevoli scritti di psicologi e neuropsichiatri che da anni ormai discutono della importanza delle figure di riferimento e delle ripercussioni sulla sessualità che può avere per il minore l’avere una coppia di “genitori” dello stesso sesso. Forse.

Ma forse avrebbero potuto, e anzi dovuto, gli stessi giudici della Cassazione riflettere sulle ripercussioni di una decisione del genere.

Certamente molte associazioni omosessuali hanno strumentalizzato la notizia di questa sentenza, ma è altrettanto certo che il dibattito deve essere immediatamente aperto perché in un paese come l’Italia in cui il valore della famiglia, composta da una coppia eterosessuale, è garantito dalla Costituzione, non è ammissibile ritenere che non rientri nel patrimonio culturale, scientifico e normativo comune la necessità che ogni bambino cresca all’interno di una famiglia composta da un padre e una madre, o comunque con le due figure paterna e materna. Questa dovrebbe essere la regola e dovrebbe semmai esistere una presunzione di legge in questo senso, dovendo al contrario richiedersi la prova che il minore che vive con una coppia omosessuale non subisca danni.