Cina: 570 mila minori abbandonati nel 2012

cinese2È il risvolto più oscuro del boom economico. Mentre la potenza cinese cresce e invade i mercati mondiali, all’interno del Paese aumenta sensibilmente il numero di neonati abbandonati. Tanto che, per evitare che di centinaia di migliaia di bambini si perdano le tracce, le istituzioni hanno pensato di “riesumare” uno strumento in uso nel Medioevo: la culla degli esposti. Un’idea comunque non isolata, visto che strumenti simili si stanno diffondendo sempre più anche in Europa.

A sperimentarla per prima in Cina è stata la megalopoli di Shenzhen, “città – fabbrica” per eccellenza degli ultimi 3 decenni. Ogni baby box, nome moderno delle culle degli esposti, costa circa 18mila euro. È una sorta di scatola, provvista di tutti gli strumenti medici necessari, dall’incubatrice al respiratore, in cui la madre può adagiare il piccolo. Quindi deve suonare un campanello, programmato per farsi sentire dal personale sanitario con qualche minuto di ritardo, necessario per permettere al genitore di allontanarsi senza essere visto e ai medici di prendere in consegna il neonato.

Un’idea, questa dell’amministrazione di Shenzhen, che non è piaciuta a tutti. Gli oppositori delle baby box affermano che in tal modo si provocherà un ulteriore aumento del numero di minori abbandonati. Di parere diverso le autorità statali che, per bocca del viceministro degli Affari Civili Dou Yupei, annunciano che le baby box verranno installate in tutto il paese.

I dati sul fenomeno dell’abbandono dei neonati in Cina sono sempre più drammatici. Nel 2012 si è registrato un aumento dell’11% rispetto all’anno precedente: 570mila i bambini abbandonati, di cui solo 100mila sono stati dati in adozione o affidati a strutture preposte. Ciò vuol dire che degli altri 470mila non si è saputo più nulla.

Quasi sempre si tratta di figli non voluti di donne troppo giovani, che non hanno né un compagno né gli strumenti economici, legali e culturali per poter affrontare i giudizi della società.

A riprova di questo è stato pubblicato uno studio sulle condizioni delle fabbriche nella metropoli di Guangzhou, nel sud del Paese. Il 70% delle operaie avrebbe subito molestie sessuali dai colleghi e il 15% di loro ha preferito addirittura lasciare il lavoro piuttosto che continuare a vivere questo incubo. A rendere ancora più gravi tali dati, c’è il fatto che nessuna di queste donne ha denunciato le violenze subite alle associazioni o alla polizia. Tutte hanno preferito cercare di risolvere da sole i propri problemi, evidentemente valutando anche la possibilità di abbandonare i loro figli.

Bambini spesso non voluti, come dimostra un altro studio, questo condotto dal dipartimento per la Pianificazione familiare del Guangdong. Secondo questa ricerca, almeno la metà delle lavoratrici immigrate, in genere giovanissime, nelle metropoli industriali hanno rapporti sessuali prima del matrimonio e il 60% di loro affronta una gravidanza non desiderata.