Corea. L’ incontro del Papa con la realtà dell’infanzia in difficoltà familiare in Asia: per chi nasce disabile non c’è alternativa all’ abbandono

bimbo

Francesco toccherà l’abbandono in Corea dove, come in molte parti dei Paesi asiatici, non c’è speranza per chi è disabile. Nessuno a prendersi cura del bambino con handicap: nessun affetto, nessun tipo di calore e carezza. Il minore disabile vive così per tutta la vita, da solo, abbandonato in istituto. A meno che non abbia la fortuna di essere adottato.  Desolazione, tristezza e assenza totale di tutto ciò che può essere assimilabile ad una famiglia.  Acquista quindi un particolare significato la visita di Papa Francesco  a Kkottongne  dove si trova La Casa della Speranza: una struttura esclusiva per i disabili che vengono abbandonati dalle famiglie.

Secondo il Ministero del Welfare e della Salute il numero di persone disabili in Corea è pari a circa 2.510.000 (rapporto del 2012). Di questi, 42.000 sono bambini. A Kkottongne c’è un centro per l’adozione denominato “Angel House”, una struttura di assistenza per bambini abbandonati e per ragazze madri. All’interno del villaggio c’è anche una scuola dove studiano i ragazzi disabili abbandonati dalle loro famiglie a causa dei loro handicap (al momento sono 121). Qui si recherà il Santo Pontefice: tra gli ultimi, i più fragili a portare loro la speranza. La speranza di una famiglia che li ami.

Una tappa voluta e cercata da Papa Francesco: del resto l’attenzione del Pontefice per i bambini ha sempre assunto toni importanti in occasione dei suoi viaggi, ed è sempre presente :  bambini ed anziani sono i termometri con cui Francesco misura l’atteggiamento di cura e attenzione di una società.  Un concetto che il Papa stesso ha varie volte ribadito, come durante la Santa Messa in Piazza della Mangiatoia a Bethlehem, nel pellegrinaggio in Terra Santa per il cinquantesimo anniversario dell’incontro a Gerusalemme tra Papa Paolo VI e il Patriarca Atenagora. 

Quando i bambini sono accolti – aveva detto -, amati, custoditi, tutelati, la famiglia è sana, la società migliora, il mondo è più umano”.  Il bambino è  segno di speranza, segno di vita – aveva precisato – , ma anche segno ‘diagnostico’ per capire lo stato di salute di una famiglia, di una società, del mondo intero”.  Da qui l’invito del Papa a cercare il bambino come l’annuncio dell’angelo ai pastori 2000 anni fa “Dio oggi ripete anche a noi, donne e uomini del XXI secolo: «Questo per voi il segno», cercate il bambino…”.

Tanti bambini sono ancora oggi sfruttati, maltrattati, schiavizzati – aveva chiarito il Papa a Betlemme -, oggetto di violenza e di traffici illeciti. Troppi bambini oggi sono profughi, rifugiati, a volte affondati nei mari, specialmente nelle acque del Mediterraneo. Di tutto questo noi ci vergogniamo davanti a Dio che si è fatto Bambino. Anche oggi piangono i bambini, piangono molto, e il loro pianto ci interpella”.  Parole semplici e dirette che lasciano il segno soprattutto inun tempo “che proclama la tutela dei minori – aveva concluso  il Santo Pontefice si commerciano armi che finiscono tra le mani di bambini-soldato; si commerciano prodotti confezionati da piccoli lavoratori-schiavi. Il loro pianto è soffocato!” Se un bambino non viene difeso, coccolato, amato e protetto la società è malata, la società moderna ha perso la retta via.

Ecco perché Bergoglio ha deciso di andare a  Kkottongne, a portare amore e speranza ai più deboli, ai più fragili: ai bambini abbandonati e con handicap. Con questo spirito e vero e proprio appello alla speranza il Pontefice parte quindi per la Corea del Sud.  E mentre il Papa sale in aereo alla volta della Corea riflettiamo su quanto lui stesso ha detto a Betlemme : “Chi siamo noi davanti a Gesù Bambino? Chi siamo noi davanti ai bambini di oggi? Siamo come Maria e Giuseppe, che accolgono Gesù e se ne prendono cura con amore materno e paterno? O siamo come Erode, che vuole eliminarlo? Sappiamo ascoltarli, custodirli, pregare per loro e con loro? O li trascuriamo, per occuparci dei nostri interessi?