Covid e le risse fra i giovani: “l’ansia” di “menare le mani”

Come può un giovane far capire che c’è, sentirsi “visto” e “sentito” in un tempo che sta chiedendo a chi cresce di stare zitto e in silenzio?”.

Al Pincio a Roma, come a Milano, a Parma ed ora anche a Gallarate, in provincia di Varese.

I giovanissimi annoiati, chiusi in casa a causa della pandemia senza poter sfogare la loro esigenza di socializzazione, di contatto, senza poter esprimere tutta la loro energia, hanno deciso di farlo nel modo più negativo e trasgressivo possibile: organizzando delle grandi risse su appuntamento.

Ormai è diventata quasi una moda dal nord al sud Italia. Centinaia di giovanissimi che si danno appuntamento in un luogo per “darsele di santa ragione”, il messaggio amplificato dai social.

 Si comincia con uno sgarro tra sue soggetti non proprio mansueti, insulti che volano sulla rete da Instagram a Facebook a Twitch poi si formano le fazioni e ci si da appuntamento – racconta Libero – Morale: complice la pandemia, e il tempo libero che certi ragazzi annoiati hanno in questo periodo, mettersi d’accordo via telefonino per organizzare la rissa è un attimo”.

Ma qual è la vera ragione di tutta questa “ansia” dei giovani di trasgredire, di esserci, di “menare le mani”?

Famiglia Cristiana in un articolo a firma di Alberto Pellai cerca di dare risposta a questo quesito più profondo. Forse i giovani si sentono invisibili al mondo, forse questo è il loro modo, negativo e ingiustificabile di sentirsi vivi e attivi?:

Prendete un’intera generazione in crescita che per sentirsi viva ha bisogno di stimoli. Toglietegli ogni possibilità di incontro all’aperto, relazione dal vivo, attività sportiva, avventura e occasione sociale. Cosa ne otterrete? Qualcosa di molto simile ad un pesce fuor d’acqua, che annaspa e boccheggia in attesa che qualcuno lo rimetta nel suo territorio di vita –  commenta Pellai – Penso che i ragazzi accorsi in piazza a Gallarate siano andati lì perché era l’unico “appuntamento” per cui hanno ricevuto un invito “attivo” negli ultimi mesi. Probabilmente la parte “motivante” dell’intera faccenda, per loro deve essere consistita nel progettare un’azione di gruppo trasgressiva e collettiva, in grado di renderli visibili e di farli sentire vivi e attivi”

Dopo la rissa di venerdì, la domanda per noi genitori ed educatori sorge spontanea dove può un giovanissimo oggi convogliare, mettere in gioco e canalizzare tutta la sua energia vitale, evitando di scegliere una rissa in piazza come metodo per riuscirci? Come può far capire che c’è, sentirsi “visto” e “sentito” in un tempo che sta chiedendo a chi cresce di stare zitto e in silenzio, di rimanere invisibile e passivamente obbediente a tutte le decisioni che gli adulti stanno prendendo in relazione alle vite e ai bisogni degli adolescenti?- si legge su Famiglia Cristiana– Certamente si deve punire chi ha scatenato caos, violenza e disordine. Ma si deve anche pensare a come restituire in sicurezza “pezzi” di città ed esperienze di socializzazione e appartenenza adeguate e funzionali (fuori dalla propria stanza e dalla propria casa) a chi sta crescendo”.