Covid. I rischi del tampone casalingo: 2 persone su 3 non denunciano la malattia

La curva dei contagi sembra finalmente in discesa, ma l’aumento dei tamponi fai da te preoccupa: si rischia di non poter avviare le cure più efficaci nei tempi corretti

Secondo l’ultimo report settimanale la curva dei contagi dell’attuale andata di Covid dovrebbe aver definitivamente superato il picco. Sappiamo bene quando le notizie riguardanti l’andamento della pandemia siano da prendere con le molle, ma anche sulla scorta di quanto successo con le precedenti ondate, si può immaginare che il calo per due consecutive settimane del numero dei contagi possa essere indicativo di un trend ormai avviato. Decessi e ingressi in terapia intensiva ancora no, ma anche in questo caso non c’è nulla di strano, visto che i numeri relativi a queste due voci sono sempre, per forza di cose, sfalsati rispetto ai contagi.

Due persone su tre con sintomi da Covid ricorrono al tampone casalingo

Detto questo, bisogna però fare i conti con una sostanziale differenza che sta riguardando questa nuova ondata molto più che quelle passate, ovvero l’aumento dei tamponi “fai da te” che portano tanti cittadini, anche se positivi, a non denunciare la cosa alle autorità sanitarie e, quindi, a non rientrare nel conteggio totale dei malati.
Il fenomeno c’è sempre stato, tra asintomatici che non sapevano di avere il Covid e chi taceva il suo stato, ma nelle ultime settimane è senza dubbio aumentato, spinto dall’idea che la malattia, oggi, sia meno invasiva e pericolosa e, dunque, si possa curare come una semplice influenza stando a casa e senza dover rispettare “ufficialmente” la quarantena.
Si tratta di un fenomeno verso il quale gli esperti, però, mettono in guardia, spiegando come il tampone “fai da te”, oltre a sballare i conteggi (si pensa che solo una persona su tre con sintomi da Covid si sottoponga al tampone dal medico o in farmacia), il rischio è di sottovalutare la malattia, tanto per se stessi quanto per gli altri.
Facilmente, infatti, chi rimane a casa in “autoisolamento”, può decidere di tornare in società non appena i sintomi spariscono, senza pensare al fatto di poter ancora essere contagioso. E anche ai più scrupolosi che comunque aspettano l’esito di un tampone casalingo negativo prima di uscire, bisogna ricordare che l’affidabilità di questi sistemi è inferiore a quelli che vengono utilizzati dalle strutture “ufficiali” preposte. Secondo gli esperti i falsi negativi dati dai tamponi fai da te sono addirittura intorno al 30 – 35%, sia per la minor precisione dei sistemi stessi, sia per il maggior rischio che il prelievo effettuato personalmente non sia fatto nella maniera corretta.

Il rischio di sottovalutare la malattia e non accedere per tempo alle cure più efficaci

Altro rischio del “fai da te”, come si diceva, è la sottovalutazione della malattia, per questo i medici ribadiscono di stare molto attenti ai sintomi: non tanto al mal di testa, al mal di gola e alla febbre, che comunque può essere anche molto alta, ma soprattutto alla saturazione dell’ossigeno nel sangue, che a casa non è facile monitorare. Con una saturazione sotto il 90, bisogna correre in ospedale, specie se si tratta di persone anziane.
Avere una diagnosi certa, corretta e, soprattutto, in tempi rapidi, è anche fondamentale per impostare le terapie corrette e sfruttare i farmaci antivirali che hanno efficacia solo se somministrati nei primi giorni di malattia. E, naturalmente, senza “fai da te”.