Crepet: “L’utero in affitto? Un’aberrazione inaccettabile: solo soldi e belle parole che rubano l’identità ai bambini”

crepetCi sono domande a cui dare una risposta è un dovere assoluto. Tra queste, quelle di ogni figlio: “Chi sono io?”, “Chi sono mia madre e mio padre?”. Se fornire una risposta a queste domande diventa impossibile, vuol dire che si è compiuto qualcosa di sbagliato. È l’opinione di Paolo Crepet, psichiatra, che in un intervista al quotidiano “Avvenire” interviene sul tema della stepchild adoption e dell’utero in affitto.

“Ritengo che gli omosessuali debbano avere tutti i diritti civili e patrimoniali – dice lo psichiatra -, ma il problema nasce quando si ruba l’identità al bambino. Ovvero quando non si è in grado di dare al minore le risposte a quelle famose domande. Risposte che non è possibile fornire se si fa riscorso all’utero in affitto, pratica che Crepet definisce senza mezzi termini “un’aberrazione inaccettabile”.

Lo psichiatra delinea una serie di possibilità alle quali oppone, senza eccezioni, il suo assoluto “no”.

“Quando un uomo gay vuole fare il padre – Crepet presenta il primo caso – e decide di recarsi all’estero, ad esempio in America, lì si cerca una donna che gli aggrada. Siamo già in piena eugenetica: si sceglie una razza, il colore della pelle…” Questa donna affitta il suo utero e per 9 mesi porta il grembo il bambino: un periodo durante il quale, tra madre e figlio, inevitabilmente si stabiliscono relazioni. “Al parto il ricco gay occidentale stabilisce che quindi quella donna non deve allattare – continua lo psichiatra -. Qui nasce il grande trauma sia per la madre che per il figlio: a entrambi viene negata la meraviglia dell’allattamento, il primo atto che il neonato cerca, e non solo per la nutrizione. E noi cancelliamo tutto questo perché decidiamo che va bene così? È mostruoso”.

Alcune madri surrogate, dopo il parto rivendicano la maternità. È già successo ed è “particolarmente odioso” il fatto che tutto ciò sia accettato “perché costa cifre altissime e dunque vi accedono solo i milionari”.

Altri casi sono meno clamorosi ma ugualmente ingiusti per il diritto dei bambini ad avere una relazione con chi li ha messi al  mondo. “Una donna single o lesbica – è il secondo esempio citato da Crepet – decide di diventare madre. Va alla banca del seme, sceglie dai cataloghi e compie l’atto dalla fialetta”. In questo caso a crescere in grembo il bambino è sua madre biologica, certo, ma l’operazione è comunque eugenetica. Resta la voragine della risposta mancata: chi è mio padre? Non lo saprà mai e questa è una violazione spaventosa”, dice Crepet.

Un terzo caso è quello delle donne che, non volendo rimanere incinte, prendono il loro ovulo fecondato dai rispettivi mariti e li impiantano in una donna, “usata come macchina fattrice”. “Qui padre e madre geneticamente sono noti – spiega Crepet -. Il problema non riguarda l’identità, ma l’attaccamento sì, come pure lo sfruttamento di una donna povera, l’affitto di un utero e la speculazione economica”.

Nonostante sia evidente che avere accanto una figura maschile e una femminile sia l’ideale, oggi prevale spesso un pregiudizio: “basta l’amore, da dovunque arrivi”. “E’ una grande sciocchezza – sentenzia Crepet -, dietro la quale ci sono soldi e belle parole che ti rubano l’identità. Non scordiamo mai che questo pregiudizio giova a coppie molto ricche, illuse di poter colmare qualsiasi vulnus del figlio con i soldi.

 

Fonte:  Avvenire