Crisi di sfollati interni senza precedenti: che ne sarà di loro?

profughi siria2Dal nostro inviato (Luigi Mariani) – Adesso quella in Siria è diventata ufficialmente la più grande crisi di sfollati interni a livello mondiale. A denunciarlo, è il Centro di Monitoraggio sugli Sfollati Interni (IDMC), che identifica come principali cause del fenomeno la scarsità di aiuti umanitari provenienti dall’esterno e il crescendo di violenze nei confronti della popolazione civile.

Secondo il rapporto del Centro, in tre anni di conflitto la media di sfollati è stata di 9.500 siriani al giorno, il che vuol dire che ogni minuto una famiglia siriana è costretta a lasciare la propria casa per vivere da rifugiata all’interno del proprio paese. Una situazione che il governo siriano si ostina a non riconoscere ufficialmente, minimizzando e parlando di sfollati “temporanei”.

L’ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli Affari Umanitari (OCHA), a dicembre 2013 riportava che gli sfollati interni erano 6,5 milioni, circa il 32% della popolazione. Se è vero che la maggior parte di questi è riuscita a trovare ospitalità presso i familiari, grazie al grande senso di solidarietà che anima il popolo siriano, molti altri sono stati invece costretti a trovare rifugio presso i campi profughi, spesso improvvisati, mal serviti e non di rado oggetto di bombardamenti, perché siti all’interno delle zone controllate dall’opposizione.

Quello dei rifugiati interni è un dramma forse difficile da capire, agli occhi del mondo, ma ha implicazioni devastanti per il futuro del paese. Guillaume Charron, analista dell’IDMC per il Medio Oriente, non è ottimista circa una rapida soluzione del problema: “Ci sono diversi fattori che fanno pensare a un protrarsi di questa situazione, in particolare la distruzione delle infrastrutture a seguito dei combattimenti e delle rappresaglie, così come la demolizione delle case nelle zone sotto il controllo dei ribelli dove si erano concentrate le proteste. Ad esempio, le zone di Homs e Damasco dove avvenivano gli scontri, sono state completamente rase al suolo”. Molti siriani, in altre parole, non hanno più una casa alla quale tornare. E anche coloro che ancora ne hanno una non possono farvi ritorno, a causa della grande frammentazione interna al paese. Molti, presi dalla disperazione, scelgono quindi di abbandonare la propria terra e imbarcarsi per l’Europa in cerca di fortuna, inconsapevoli dei rischi che corrono nelle lunghe traversate del Mediterraneo: i numerosi, drammatici naufragi e le migliaia di profughi siriani che ogni giorno approdano sulle coste italiane ne sono la più evidente dimostrazione.

Per queste ragioni, Amici dei Bambini, con il progetto “Bambini in Alto Mare”, ha sin da subito concepito l’intervento in Siria come finalizzato a far sentire i siriani “a casa, nel proprio paese”: una sfida non facile, ma orientata a impedire che – laddove possibile – quanti fra di loro ancora ne hanno una, di casa, non siano costretti ad abbandonarla. E con essa, una parte del proprio cuore e del proprio futuro.

 

In questo momento, c’è bisogno di tutto l’aiuto possibile, da parte di tutti. Non restiamo a guardare.

 

Se vuoi dare anche tu il tuo contributo ai progetti di Ai.Bi. in Siria, per garantire ai bambini e alle famiglie siriane il diritto di sentirsi a casa, nel proprio Paese, visita il sito dedicato.