Dai matrimoni gay alle adozioni internazionali: ma le leggi sono diventate un elemento di tappezzeria dello stato italiano?

giudice

La certezza del diritto non abita in Italia. E di fronte a profili di dubbia legittimità tutte le istituzioni sono chiamate a reagire.

Il caso più recente è quello della trascrizione nelle anagrafi comunali dei matrimoni celebrati all’estero tra persone dello stesso sesso. Effettuando la trascrizioni delle unioni celebrate fuori dal nostro Paese – evidenzia il Forum delle Associazioni Familiari in un suo comunicato del 10 marzo – “il Comune di Roma come quelli che l’hanno preceduto” avrebbero agito “nell’illegalità”. “Facendo fare al Comune qualcosa che il Comune non può fare – scrive il Forum –, si calpesta prima di tutto la dignità dell’istituzione Comune”. Lo ha rimarcato anche la recente sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio che, secondo quanto evidenzia sempre il Forum, ha affermato che “l’attuale disciplina nazionale non consente di celebrare matrimoni tra persone dello stesso sesso e, conseguentemente, matrimoni del genere non sono trascrivibili nei registri dello stato civile”. Affermando che il procedimento amministrativo di annullamento di tali unioni può essere “disposto solo dall’Autorità giudiziaria ordinaria” e che i Comuni non possono effettuare queste registrazioni, il Tar del Lazio ha ricordato alle istituzioni che la legge non è un optional.

Lascia molte perplessità anche la gestione della realtà italiana dell’adozione internazionale nell’ultimo anno, e in particolare quella della maggiore istituzione pubblica del settore, la Commissione Adozioni Internazionali.

Nel corso degli ultimi mesi, sono state prese decisioni importanti che riguardano gli enti, revoche di mandati, accoglimenti o respingimenti di richieste… Tutte decisioni prese in autonomia dall’attuale presidente – vicepresidente (cariche accorpate nella stessa persona!!!) della Cai, mentre la Commissione è stata riunita una sola volta, nel mese di luglio 2014. Le modalità di funzionamento della Cai, che prevedono l’assunzione di decisioni collegiali per la maggior parte delle funzioni, presuppongono la convocazione delle riunioni. Il fatto che questo non sia avvenuto per un periodo di 8 mesi, durante i quali sono comunque stati emessi provvedimenti anche inclusi nella lista di quelli da sottoporre a votazione dell’assemblea, costituisce una violazione dell’articolo 6 del Dpr 108/2007 sui compiti della Commissione stessa.

Alla luce dello stesso articolo di legge, anche l’apertura delle verifiche sugli enti dovrebbe essere stabilita dalla Cai nella sua collegialità. Invece, le due verifiche potrebbero essere state avviate senza una decisione collegiale. Altro aspetto palesemente illegale, aggravato ulteriormente dal fatto che i controlli dovrebbero essere compiuti a rotazione su tutti gli enti ogni due anni. Verifiche che, a parte le 2 citate, non sono state effettuate nell’ultimo anno, proprio perché, non riunendosi, la Commissione non poteva approvare il loro avvio.

Insomma, la legge non è un elemento di tappezzeria dello Stato italiano: è ciò che ne regola il funzionamento. Se non viene applicata, a qualsiasi livello e da qualsiasi soggetto, lo Stato e la sua società non possono funzionare.