Dopo l’approvazione italiana della convenzione de L’Aja, è possibile adottare un bambino con la kafala?

Buongiorno Ai.Bi.,

siamo un’aspirante coppia adottiva. Quest’estate abbiamo trascorso le vacanze in Marocco e abbiamo avuto l’opportunità di visitare non solo i tradizionali luoghi turistici, ma anche alcune località dell’entroterra più svantaggiato del Paese. È in questi contesti che ci siamo realmente resi conto delle situazioni in cui migliaia di bambini sono costretti a tentare di sopravvivere. Molti di loro non hanno una famiglia che possa prendersi cura di loro. È stato quasi traumatico notare come, a poche centinaia di chilometri dalle nostre città, l’infanzia viva in quelle condizioni. Abbiamo pensato quindi di offrire la nostra disponibilità per l’accoglienza di uno di questi bambini. Tuttavia abbiamo saputo che in Marocco l’adozione internazionale vera e propria non è prevista e che è invece in vigore un’altra forma di accoglienza chiamata “kafala”. Vorrei quindi capire come funziona e che possibilità ci sono.

Grazie,

Silvana

 

cbernicchi-fotoCara Silvana,

la Kafala è un istituto giuridico in uso in alcuni Paesi islamici – tra cui proprio il Marocco, oltre ad Algeria, Tunisia, Libia ed Egitto, per citare i principali – per tutelare e proteggere i minori abbandonati o in difficoltà. Non è equiparabile a un’adozione vera e propria, perché l’accoglienza non è definitiva, non prevede che il minore accolto prenda il cognome della famiglia in cui viene collocato e, nel caso in cui la sua famiglia di origine sia ancora presente, non vengono recisi del tutto i legami con essa. È quindi una forma più simile all’affido, anche se di durata maggiore.

Per quanto riguarda l’Italia, la situazione relativamente alla Kafala è piuttosto complessa. Il 1° gennaio 2016, infatti, è entrata in vigore la “Convenzione sulla competenza, la legge applicabile, il riconoscimento, l’esecuzione e la cooperazione in materia di responsabilità genitoriale e di misure di protezione dei minori”, sottoscritta a L’Aja il 19 ottobre 1996. La ratifica di detta Convenzione da parte dell’Italia è arrivata con notevole ritardo rispetto ai tempi previsti: il Consiglio dell’Unione Europea aveva imposto infatti ai Paesi membri di ratificare il documento entro il 5 giugno 2010. A seguito di questo ritardo, il nostro Paese si è trovato a dover ratificare la Convenzione con una certa urgenza e, considerando che sulla Kafala esistono divergenze e complicazioni legate al confronto tra sistemi giuridici differenti, il Parlamento ha scelto di approvare un testo da cui gli articoli che parlano di Kafala sono stati stralciati. È stato dunque rinviato a una fase successiva il dibattito parlamentare per l’approvazione di norme volte a disciplinare nel dettaglio questa forma di accoglienza e ad armonizzarne gli effetti con le misure di protezione dell’infanzia già esistenti in Italia.

In base alle norme della Convenzione in vigore, quando le autorità dei Paesi stranieri prospettano il collocamento dei minori presenti  sul loro territorio in Italia, all’interno di una famiglia o in una struttura di accoglienza o in Kafala, prima di emettere tali provvedimenti dovranno consultare l’Autorità Centrale italiana e potranno assumere solo provvedimenti che, in base alle indicazioni ricevute, potranno essere successivamente riconosciuti in Italia. Prima di emettere un provvedimento di Kafala con richiedenti che vivono in Italia, visto che il nostro Paese sarà la “residenza futura” del minore, le autorità del Paese terzo devono quindi consultare le autorità italiane.

Al momento, però, nessuno sa che cosa avverrà nel corso di queste “consultazioni” e in particolare quali saranno le “direttive” che l’autorità italiana darà ai Paesi che la consulteranno in base all’articolo 33 della Convenzione. Negli anni passati, il governo italiano ha sempre avuto un atteggiamento di “chiusura” nei confronti del riconoscimento dei provvedimenti di Kafala, tanto che è sempre stata la giurisprudenza, in seguito ai ricorsi degli interessati, a dichiarare in più pronunce il diritto al visto per ricongiungimento per Kafala, che in sede amministrativa era stato negato.

Un caro saluto,

 

Cinzia Bernicchi

Consulente di Ai.Bi.