Dossier Caritas sull’immigrazione: “I Cie, costosi e inutili, dovrebbero chiudere”

caritasI Centri di identificazione ed espulsione sono costosi e inutili e dovrebbero essere chiusi. Lo dice il Dossier Caritas-Migrantes, un rapporto sull’immigrazione pubblicato annualmente dall’organismo pastorale della Conferenza episcopale italiana.

La denuncia deriva dall’analisi dei dati emersi. Dall’istituzione dei Cie, predisposta dalla legge Turco-Napolitano del 1998, a oggi, su un totale di 169.126 immigrati irregolari che sono entrati nei centri, solo il 46,2%, ovvero 78.081, è stato effettivamente rimpatriato. In compenso sono stati prorogati i tempi massimi di reclusione, passando da 30 giorni a 18 mesi. L’inefficienza dei Cie costa cara però alle casse dello Stato che, secondo quanto riportato nel dossier, spende per la loro gestione non meno di 55 milioni di euro all’anno. In più, negli ultimi 7 anni, tutto l’apparato relativo al trattenimento e all’allontanamento dei migranti irregolari è costato  un altro miliardo di euro.

Una possibile soluzione a questa situazione consisterebbe nella soppressione dei Cie. “La vera riforma – è scritto nel rapporto della Caritas – sarebbe la chiusura dei Centri”. Secondo il rapporto quindi, piuttosto che regolare i flussi migratori o permettere di identificare i clandestini, i Cie non sono altro che una sorta di “sedativo” delle ansie di chi percepisce la presenza dello straniero irregolare e soggiornante, ma anche dello straniero in quanto tale, “come un pericolo per la sicurezza”.

In realtà il tasso di crescita degli stranieri in carcere nell’ultimo anno è cresciuto molto meno di quello della popolazione straniera in Italia. La maggior parte degli immigrati detenuti nelle carceri italiane, rileva il rapporto Caritas – Migrantes, è finito nelle reti della criminalità “per via delle precarie condizioni di vita”. Lo dimostra il fatto che è il reato più comune è quello di spaccio e detenzione di droga.

Ma esistono anche alcuni reati in cui sono stranieri sia le vittime che i carnefici. Primo fra tutti, la tratta di esseri umani, che non si limita al mercato della prostituzione. “Nel corso dell’ultimo decennio – è scritto nel dossier –, è progressivamente aumentato il numero di casi identificati di persone trafficate e sfruttare in altri ambiti, tra cui quelli economico-produttivi e, in particolare, in agricoltura, pastorizia, edilizia, manifatture, lavoro di cura”.

 

Fonte: il Fatto Quotidiano