E’ un bollettino di guerra: muoiono 12 migranti tra cui una donna e i suoi due bimbi

migranti3“A chi mi chiede se non era meglio rimanere a casa piuttosto che morire in mare rispondo: non siamo stupidi, né pazzi. Siamo disperati e perseguitati. Restare vuol dire morte certa, partire vuol dire morte probabile. Tu che sceglieresti? O meglio cosa sceglieresti per i tuoi figli?”. Sono le parole di Awas Ahmed, rifugiato somalo sopravvissuto al naufragio dello scorso 3 ottobre (e riportate nel volume “Chi ha pianto? Il primo viaggio apostolico di Papa Francesco a Lampedusa”).  Poche parole, semplici, dirette, che non lasciano spazio a replica: quasi “spietate” nella loro verità e sempre attuali. Perché in centinaia quotidianamente continuano a fare questa “scelta”: sfidare il Mare nostrum a rischio della propria vita. Come purtroppo è accaduto ancora: il 9 luglio si è rovesciato l’ennesimo barcone di migranti (al largo delle coste libiche) e i più deboli e indifesi hanno avuto la peggio. Ne sono morti in 12 tra cui una donna siriana e i suoi due figli di tre e sei anni. Ancora dolore e disperazione che si aggiunge al dramma della fuga da povertà e guerre che perseguita i migranti. A rendere nota la tragedia l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati, l’Unhcr, informato dalla Guardia Costiera libica. L’incidente sarebbe avvenuto probabilmente domenica 6 luglio. Tra le vittime si contano tre siriani, tre cittadini eritrei e altri sei africani di nazionalità ancora da determinare. Si ritiene che l’imbarcazione, che aveva una capienza di circa 200 persone e che però probabilmente ne portava molte di più, si sia capovolta al largo delle coste di Tripoli. E questa è solo l’ultima “puntata” di una telenovela che non accenna a concludersi: nel Ragusano, infatti, sono arrivati ieri al Porto di Pozzallo 298 migranti a bordo di tre motovedette della Capitaneria di Porto. I profughi sono stati soccorsi nell’ambito dell’operazione Mare Nostrum. E altri sbarchi sono attesi in queste ore a Taranto, con migranti recuperati dalla nave Etna, e in altre località. Non a caso il presidente designato della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, si è espresso con preoccupazione davanti al gruppo dei liberaldemocratici in Parlamento europeo (Adle): «I paesi più colpiti dall’immigrazione clandestina non possono affrontare da soli il problema. Non è un problema italiano o greco, è un problema europeo. Ci vuole maggiore solidarietà». E mentre i politici parlano, i migranti muoiono e i più “fortunati” sbarcano sulle coste della Sicilia e della Puglia. Fino a stamattina: all’alba è entrata al porto di Palermo la prima nave mercantile con a bordo i migranti. Successivamente ne entrerà una seconda per un totale di 330 profughi recuperati in alto mare. Da una parte all’altra della Sicilia. Da Palermo ad Augusta il copione è lo stesso: poco dopo le sette, a bordo di nave Chimera nella Marina Militare sono approdati al porto di Augusta 228 migranti, fra i quali 39 donne e 56 minori. Tra i rifugiati, anche 11 minori non accompagnati. I profughi, provenienti da Siria, Palestina, Iraq ed Eritrea, sono stati soccorsi nelle ultime 48 ore in due distinte operazioni nel Canale di Sicilia. Dopo qualche giorno di pausa sono, inoltre, ripresi gli sbarchi al molo Ronciglio con l’arrivo di 601 migranti a bordo della corvetta “Fenice” della Marina militare. Di nazionalità siriana, eritrea, palestinese e irachena, erano stati soccorsi, l’altro ieri a sud di Lampedusa,  nel corso di due distinte operazioni. Insieme a 51 donne e 492 sono uomini sono sbarcati anche 58 minori, di cui 11 non accompagnati. Tutto ciò va ad aggiungersi ai 2.600  migranti soccorsi dai mezzi interforze del dispositivo Mare Nostrum nel fine settimana nello Stretto di Sicilia. Una lista che si allunga sempre più. Un vero e proprio bollettino di guerra.

“Anche oggi abbiamo compiuto un piccolo miracolo – dice il prefetto di Trapani Leopoldo Falco – riuscendo a far fronte alla richiesta di accoglienza”. “L’orientamento è quello di non attivare altre strutture poiché il ministero dell’Interno ha stabilito che l’apertura dei centri di accoglienza dovrà avvenire tramite gara pubblica – continua – e non per affidamento diretto come è stato fatto finora. Mi auguro che questo cambiamento non favorisca l’arrivo del soggetto monopolistico e la creazione di mega strutture che facciano anche venire meno il modello della casa famiglia che abbiamo voluto privilegiare”.

La rete familiare della giusta accoglienza deve continuare a crescere. Se anche tu desideri diventare protagonista dell’importante compito di alleviare le sofferenze di chi fugge dalla guerra e dalla miseria e provare in prima persona la gioia dell’accoglienza, aderisci al progetto Bambini in Alto Mare. Per sapere come fare, visita il sito dedicato