Elezioni politiche 2022. Lotta alla denatalità (2). Gli esempi virtuosi di Germania, Polonia e Ungheria

Il problema della denatalità è comune a gran parte del mondo. In vista delle elezioni quasi tutti i partiti politici hanno indicato delle proposte per rispondere alla crisi. Alcuni Paesi in Europa, però, delle risposte le hanno già date e hanno invertito il trend. Vediamo quali iniziative hanno messo in campo

Dopo aver analizzato quali sono le proposte che i diversi partiti politici hanno inserito nei loro programmi elettorali per rispondere all’emergenza del costante calo delle nascite, è interessante vedere come alcuni Paesi in Europa si siano già mossi sul tema, mettendo in campo diverse iniziative che hanno permesso di frenare la denatalità e vedere tornare a crescere il numero di nuovi nati. Il problema della denatalità, infatti, è comune a gran parte del mondo, non solo in Occidente, ma anche in Paesi come la Cina che fino a pochi anni fa attuavano politiche mirate su un obiettivo diametralmente opposto: limitare le nascite. Analizzare cosa sia cambiato a livello politico e sociale in quei Paesi che hanno visto ripartire le nascite è sicuramente utile per capire cosa si potrebbe fare anche in Italia nei confronti di quella che è una vera e propria emergenza sociale e, a lungo andare, anche economica.

Cosa hanno fatto nel resto d’Europa per la lotta alla denatalità

Le nazioni che in Europa, per il momento, sono riuscite a invertire il trend delle nascite tornando a registrare valori di nuove nascite in crescita sono: Germania, Polonia, Ungheria oltre a Romania e Slovacchia.
La Germania poggia le basi delle sue politiche familiari su una sorta di assegno unico, uguale per tutti, di 220 euro al mese per il primo figlio, 225 per il secondo, 250 dal terzo in poi, con un incentivo ulteriore di 160 euro per le famiglie povere. L’Assegno non ha limiti di reddito, ma per i nuclei che guadagnano oltre 60 mila euro non è conveniente, perché le detrazioni fiscali previste permettono maggiori risparmi. A questa base si aggiungono: detrazioni fino a 4mila euro per le spese per l’assistenza dei figli e un assegno parentale che consente di stare a casa fino a 14 mesi con il 65-100% dello stipendio. D’altra parte la Germania spende per famiglie e figli il 3,3% del PIL. In proporzione, sottolinea Avvenire, è come se l’Italia spendesse 51 miliardi di euro, e non meno della metà di tale cifra come invece accade.
Anche la Polonia ha un assegno unico senza limiti di reddito, del valore di 100 euro a figlio (bisogna tenere conto che nel Paese uno stipendio medio si aggira sui 600 euro al mese). Ulteriori incentivi sono previsti per pagare l’asilo nido, per nuove nascite e per gli studenti a inizio anno scolastico. Inoltre esiste un sistema di sconti e indennità (Big Family Card) per i nuclei con più di tre figli. In totale, la Polonia spende per famiglia e figli il 4% del PIL (in Italia equivarrebbe a 70 miliardi).
Ancora di più spende l’Ungheria, che destina a famiglia e figli il 4,8% del PIL (in Italia sarebbero 80 miliardi). Le misure sono tante e ampie, ma vincolate alla nazionalità. Questo messaggio “anti-migratorio”, sottolinea giustamente Avvenire, limita “l’impatto umanitario e, in prospettiva, quello demografico”. Per quanto riguarda gli incentivi: alle coppie di sposi viene erogato un prestito di 30 mila euro da restituire gradatamente e che viene addirittura estinto alla nascita del terzo figlio. Le famiglie con 4 figli non pagano più tasse per tutta la vita e per chi compra casa i mutui sono agevolati e le rate vengono sospese alla nascita dei figli. L’asilo nido è garantito per tutti ed è previsto un rimborso fino a 7.500 euro per l’acquisto di un’auto da parte delle famiglie numerose.