Emergenza sbarchi: ma noi li chiamiamo per nome!

 ACCOGLIENZADal nostro inviato (Diego Moretti) – Casa Mosè ha delle peculiarità che la rendono unica (a oggi). Quando i ragazzi vengono soccorsi in mare aperto, conoscono le divise dei nostri militari impegnati nell’operazione Mare Nostrum. Quando arrivano al molo, conoscono gli operatori della protezione civile, croce rossa e misericordia, che indossano guanti, mascherine, tute antiepidemie e nonostante ciò girano il più lontano possibile da loro (vedi il lancio delle bottigliette d’acqua). Quando arrivano dentro un capannone ammassati, vengono distinti dalle autorità con un numero identificativo. Quando gli operatori di Ai.Bi. entrano per dare loro un’accoglienza giusta, la prima cosa che fanno è chiamarli per nome, dare loro la mano (e ad alcuni anche le proprie  calze se sono a piedi nudi!), farli salire così come sono arrivati sulla propria macchina personale per portarli a Casa Mosè. E ad Ai.Bi. regalano i primi sorrisi e le prime gentilezze perché si sentono riconosciuti. Quando le famiglie di Ai.Bi., con i loro figli, si presentano per aiutare, sostenere e condividere le gioie e le fatiche della giornata, si sentono in famiglia, in una grande famiglia come è Ai.Bi. stessa. Lo scrivono sui muri, lo dicono al telefono, qualcuno lo posta su facebook: “Ai.Bi. is my italian family”. E i loro compagni condividono e cliccano su “Mi piace”.

 

Amici dei Bambini è impegnata quotidianamente nel garantire l’accoglienza giusta ai minori stranieri non accompagnati che approdano sulle nostre coste: per loro, Ai.Bi. è alla continua ricerca di famiglie accoglienti. Per saperne di più, visita la pagina del progetto Bambini in Alto Mare