Fame di Mamma. La scatola dei ricordi belli: un nuovo inizio per Mona e la sua mamma

Quando l’assistente sociale le spiegò che il giudice aveva trovato per loro una nuova casa, prese subito il suo peluche preferito, strinse la mano della mamma e si incamminò verso la “casetta per mamme e bambini

“Che cosa faremo in una casetta per mamme e bambini?”

Questa è stata la prima domanda di Mona, una bambina di sei anni, quando, l’anno scorso, il giudice dei minori ha deciso che lei, la sua mamma Chantal e il fratellino Hatos, di soli sei mesi, non avrebbero più vissuto nella loro casa con il papà, ma in una delle comunità sostenute dal progetto Fame di Mamma.

Un padre violento

Mona, sebbene addolorata per aver dovuto lasciare la sua casa, aveva capito che non poteva rimanere lì. Troppo spesso non si era sentita al sicuro. I ricordi del papà che tornava a casa barcollante, confuso e arrabbiato senza motivo erano ormai più frequenti di quelli felici dei primi anni della sua vita. Aveva assistito a liti e vere e proprie violenze da parte del padre sulla madre. Nonostante fosse piccola, sapeva che quello che vedeva non era giusto: proprio lui le aveva insegnato che non bisognava picchiarsi, neanche tra bambini.

Una casetta per mamme e bambini

Mona sperava che qualcuno potesse aiutare la sua mamma e, magari, riuscisse anche a restituirle il papà di un tempo, quello che giocava con loro e costruiva mille cose. Quando l’assistente sociale le spiegò che il giudice aveva trovato per loro una nuova casa, prese subito il suo peluche preferito, strinse la mano della mamma e si incamminò verso la “casetta per mamme e bambini”.
Era curiosa e un po’ spaventata: chi sarebbero stati gli altri bambini? Chi erano le altre mamme? Cosa avrebbero fatto insieme? Mille domande le frullavano nella testa.
Quando arrivarono, furono accolti dagli educatori, che mostrarono loro la nuova casa. Aveva tante stanze, e la loro era già pronta con tutto il necessario: letti accoglienti, uno spazio per lavarsi, giochi per loro. Mona rimase colpita dal proiettore di stelle preparato per Hatos e dalla bambolina e dal libro di favole lasciati per lei. Si sentì subito più al sicuro. La sensazione di serenità aumentò nei giorni successivi, quando poté tornare a scuola, andare al parco e fare la spesa con la mamma e il fratellino, accompagnati dagli educatori.
Quelle persone non si occupavano solo di organizzare la loro vita quotidiana: avevano cura di loro, delle loro storie, delle loro emozioni e delle loro domande.

Un tempo per sé

Durante l’anno, Mona ha apprezzato particolarmente i momenti in cui le educatrici offrivano alle mamme occasioni per parlare tra loro, per prendersi un tempo per sé, per riscoprirsi donne oltre che madri. In questi incontri si condividevano ricordi felici, storie e tradizioni delle diverse culture. Nonostante le differenze di origine, si scopriva che certi valori accomunano tutti, al di là del colore della pelle o della religione.
Un pomeriggio, Mona partecipò a uno di questi incontri. Lei e la sua mamma, originarie del Bangladesh, raccontarono agli altri la tradizione di ornarsi le mani con l’henné nelle occasioni speciali. Chantal spiegò che il Mehndi è un rituale propiziatorio, un gesto per augurarsi fortuna e benedizioni. L’idea piacque tanto che gli educatori proposero di dedicare il pomeriggio alla decorazione delle mani con questi tatuaggi temporanei, creando anche una “scatola magica”. Ognuno, grande o piccolo, scrisse su un foglietto anonimo un ricordo felice o un desiderio per il futuro, da conservare nella scatola fino al 21 giugno 2025, il primo giorno d’estate. Quel giorno, un desiderio sarà scelto e affidato a un palloncino colorato, per farlo volare lontano.

Un desiderio che volerà in alto

In quell’occasione, Mona si sentì finalmente pronta a condividere ciò che aveva provato il giorno in cui erano arrivati in comunità:
“Avevo tanta paura, non sapevo cosa avremmo trovato e fatto io, la mamma e Hatos. Oggi, però, lo so: dovevamo venire qui per conoscere tutti voi, prenderci del tempo per noi e ritrovare i nostri ricordi belli e felici… sono sicura che il mio desiderio volerà in alto e si avvererà.”
Mona ebbe un’idea speciale: ogni famiglia avrebbe potuto creare la propria scatolina dei desideri, per custodire i propri sogni. Tutti accolsero la proposta con entusiasmo, e subito iniziarono a decorare le loro scatole personalizzate.
Dopo quel pomeriggio intenso e carico di emozioni, ora tutti attendono il 21 giugno con un desiderio in più e la speranza di vederlo prendere il volo.

Sostieni il progetto “Fame di Mamma”

Grazie ai sostenitori a distanza del progetto “Fame di Mamma”, Ai.Bi. può aiutare nelle sue comunità molti minori bisognosi di aiuto.
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