Firenze, Ai.Bi. G: perché ricercare per forza le proprie origini?

figli adottiviCosa spinge un figlio adottivo ad andare alla ricerca delle proprie origini? Cosa nasconde questo desiderio di ritorno nella propria terra? Semplice interesse sociologico o qualcosa di più profondo? È questa la provocazione che Marco Carretta, referente nazionale del gruppo di volontari Ai.Bi. Giovani, lancia alla vigilia del secondo Meeting dei figli adottivi adulti, previsto per sabato 14 giugno a Firenze, presso l’Istituto degli Innocenti. L’evento, intitolato significativamente “Ponti tra passato e presente”, è aperto a tutti i figli adottivi maggiorenni.

Una giornata di incontro, dibattito e condivisione tra persone ormai adulte, accomunate dall’aver vissuto la doppia esperienza dell’abbandono prima e dell’accoglienza poi. Il meeting dei figli adottivi adulti rappresenta un’occasione per ripercorrere questo viaggio nella propria vita, ripensando ai legami con la propria famiglia adottiva e al proprio Paese di origine.

Il viaggio alle origini: l’importanza delle radici è il titolo di uno dei tre workshop organizzati nel corso del meeting e introdotti dallo psicologo e psicoterapeuta Marco Chistolini, responsabile scientifico del Gruppo adottivi adulti. Gli altri due workshop saranno invece dedicati a La propria storia adottiva: la condivisione nella coppia e nella genitorialità e La famiglia adottiva: legami tra passato e futuro. Sarà lo stesso Chistolini ad aprire la giornata, concentrandosi su Come e quanto l’esperienza dell’abbandono incide sulla costruzione della propria identità personale.

Spazio anche alle testimonianze dirette di chi ha vissuto in prima persona l’esperienza dell’abbandono e dell’accoglienza. A dare voce ai figli adottivi nazionali e internazionali e alle famiglie adottive saranno rispettivamente Graziano Cavallini, Niluka Telli e Alessandro Antonelli.

“Credo che questi momenti di condivisione – dice Marco Carretta, che guiderà la delegazione di Ai.Bi. G a Firenzesiano importantissimi per tutte quelle persone che ancora oggi si sentono sole, in una società che non ha ancora compreso il significato di quella bellissima parola che è accoglienza. A quei figli adottivi che impostano la loro vita sulla ricerca delle origini e dei loro genitori naturali, Carretta ripete due cose: “Una vera mamma, che li aspetta tutti i giorni a casa, ce l’hanno anche loro e molti minori pagherebbero per ricevere questo stesso dono. Sono 168 milioni, infatti, i bambini nel mondo che questo dono non l’hanno ancora ricevuto e forse non lo avranno mai“Perché questa ossessione di risalire alle proprie origini – si chiede dunque Carretta – dopo aver ricevuto il dono più grande che, da bambini abbandonati, potessero avere: l’accoglienza?”

 

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