Gabicce 2015. Ferritti (Care): “Il mondo dell’adozione faccia rete e il governo non lasci sole le famiglie accoglienti” E a ottobre arriva il secondo Family Lab

family labCollaborazione, formazione, rete. Sono le tre parole magiche da cui  deve ripartire l’adozione internazionale in Italia. Ad affermarlo è Monya Ferritti, presidente del Care (Coordinamento delle famiglie adottive e affidatarie in rete), “voce” delle famiglie accoglienti che concluderà i lavori del convegno internazionale organizzato e promosso da Amici dei Bambini in programma a Gabicce Mare, in provincia di Pesaro e Urbino, il 26 e 27 agosto. “Adozione internazionale in cerca di futuro. La scelta politica dell’accoglienza”, questo il titolo dell’incontro, sarà una preziosa opportunità di confronto e di dialogo tra i vari soggetti del mondo delle adozioni: famiglie, enti autorizzati, istituzioni, sia italiane che straniere. Una di quelle occasioni che gli attori del sistema non possono lasciarsi sfuggire per ridare linfa a un settore che in questi anni sta affrontando grosse difficoltà, a cominciare da una crescente sfiducia da parte delle coppie che si riflette nel sempre minor numero di minori adottati.

Occasioni di dialogo come quelle che lo stesso Care si occupa di organizzare e promuovere. Ne è un esempio il primo “Family Lab” sull’adozione internazionale tenutosi a Roma a maggio. “Un evento che si ripeterà il 17 ottobre – annuncia Monya Ferritti -, sempre nella Capitale. Una giornata che consisterà di due sessioni. Prima un focus group tra i vari soggetti che si occupano di adozioni internazionali (enti, associazioni familiari, Tribunali, servizi sociali…) e poi un momento di ‘restituzione’ dei risultati emersi dai lavori della prima parte alle istituzioni operative nel settore, dagli stessi Tribunali alla Commissione Adozioni Internazionali ai referenti parlamentari”. Determinante, nell’organizzazione di tali occasioni di confronto, l’azione delle associazioni familiari. “Perché per noi – precisa Ferritti – l’associazionismo familiare deve essere un modello virtuoso, da non confondere con l’associazionismo spontaneo, che è positivo, ma è un’altra cosa”.

Il Family Lab di ottobre sarà preceduto proprio dal convegno di Gabicce, nel corso del quale si analizzeranno i problemi attuali e le prospettive future dell’adozione internazionale. In quest’ottica, la strategia giusta, secondo la presidente del Care, è “una virtuosa azione di rete e l’elaborazione di un progetto che veda i vari soggetti interagire tra loro”. “Solo così – spiega – il sistema potrà viaggiare su binari sicuri”.

Le istituzioni, dal canto loro, sono chiamate a fare la propria parte. Il governo metta in agenda la questione delle adozioni – è l’appello di Ferritti -. Sia quelle da fare che quelle già fatte. Perché le famiglie adottive non possono essere lasciate sole, soprattutto nella fase del  post-adozione che richiede molti sacrifici ai neogenitori. Per questo il governo nel suo progetto dovrebbe prevedere strumenti di supporto alle famiglie, anche di tipo economico. Cominciando, per esempio, a ripristinare quel fondo adozioni fermo al 2011 e non ancora completato neppure per quell’anno”.

A livello “umano”, le risorse con cui far ripartire l’adozione internazionale in Italia ci sono. Sono l’immensa generosità delle nostre famiglie – che hanno sempre dimostrando capacità di accoglienza anche di quei bambini con storie più difficili – e un sistema di grande tradizione. “Grazie alle associazioni familiari, a un Terzo Settore che lavora bene, all’impegno degli enti – ricorda la presidente del Care – nel nostro Paese c’è molta formazione sulle adozioni, argomento entrato in profondità nella società italiana. La formazione, unita a un’intensa attività di sensibilizzazione sul tema dell’abbandono, ha permesso di diffondere una vera cultura dell’adozione. Che a sua volta ha fatto sì che la disponibilità all’accoglienza delle famiglie italiane diventasse sempre più grande”.

Ancora una dimostrazione, quindi, di come la voglia di adozione sia tuttora forte tra le nostre famiglie. Ma è solo attraverso un impegnativo lavoro di collaborazione e di rete che questo desiderio potrà tornare a tradursi in accoglienza reale.