Giappone, 32mila bambini dichiarati ‘orfani’. Ma sono stati abbandonati

Orfani o abbandonati? È l’interrogativo che scatta quando si parla di una buonafetta (circa l’80%) dei 40mila minori giapponesi che vivono senza la propriafamiglia. In realtà, come segnala un articolo del Fatto Quotidiano di qualche anno fa – che riporta dati di cuituttavianon risultano ulteriori aggiornamenti adoggi, se non nella lenta, ma costante crescita del fenomeno – di fatto questi bambini conserverebbero ancora almeno un genitore, che tuttavia, per problemi economici o perché non vuole più occuparsi di lui, lo abbandona.

Il piccolo Yamato lasciato nel bosco

Emblematico, un anno fa, il caso di Yamato, il bimbo lasciato da solo – per punizione, dissero i genitori – per una settimana in un bosco nell’isola di Hokkaido, alla mercé di orsi e maltempo, senza alcun rifugio, né cibo, che fu ritrovato da un militare dopo che la notizia giunse all’opinione pubblica internazionale. In un primo tempo, la coppia aveva negato i fatti. Poi, tutto era tornato alla normalità.

Ma la diffusione del fenomeno dell’abbandono di minori in terra nipponica è e resta assai ampia. Anche perché il sistema di norme nel Paese è assai tollerante con i genitori, che non sono perseguibili penalmente, né privati della patria potestà.

Orfanotrofi restii all’affido o all’adozione

Intanto, gli orfanotrofi dove molti piccoli si ritrovano – soprattutto se lasciati subito dopo la nascita nelle kochan posutostanze adibiteappositamente negli ospedali per depositare in culla i neonati che non si intende tenere – prosperano. E la legge, secondo cui vengono rimborsati in base al numero di presenze, favorisce un atteggiamento di chiusura rispetto all’eventualità di un’adozione.

Oltre a questo, c’è il problema del legame di sangue, importantissimo per i nipponici, che considerano la pratica adottiva un disonore.

Eppure il Giappone è secondo nella classifica mondiale delle adozionioltre 80mila all’anno. Come mai? Perché l’unica pratica davvero diffusa è quella del muko yoshi, letteralmente “sposo adottato”. Una tradizione secondo cui una famiglia che non ha eredi maschi può adottare legalmente il marito di una delle figlie, che prenderà il cognome e i diritti-doveri legali di un figlio naturale. È stato così, tra l’altro, anche per l’82enne presidentedella Suzuki, la quarta casa giapponese per produzione di auto: Osamu Matsuda, divenuto Osamu Suzuki per ‘salvare’ la linea maschile nella conduzione della società.

Una forma di adozione ‘di comodo’ che, tuttavia, nulla ha a che vedere con l’aiuto concreto dei minori rimasti senza famiglia.