Giappone, “Bambini: vietato giocare nei prati”

fukEra l’11 marzo di 3 anni fa, una data che rimarrà per sempre tra le più drammatiche della storia giapponese. Un sisma di magnitudo 9 provocò un’onda anomala che travolse tutto e distrusse, tra le altre cose, anche la centrale nucleare di Fukushima. La catastrofe provocò la morte di 18mila persone e la riduzione in frammenti di migliaia di edifici. Le radiazioni nucleari provenienti dalla centrale contaminarono la terra nel raggio di 30 chilometri, rendendola inabitabile e inavvicinabile. Circa 160mila persone dovettero lasciare quel territorio. Tra loro anche migliaia di bambini, tra i quali, da quel momento, si è registrato un incremento dei casi di tumori alla tiroide.

Gli esperti sostengono che per sviluppare tale patologia ci vogliono diversi anni, ma tra i bambini di Fukushima la frequenza è molto più alta della media nazionale. Solo tra settembre 2013 e febbraio 2014 il numero di casi per quanto riguarda i minori di 18 anni è salito da 59 a75, a fronte di un dato nazionale che parla di soli 2 malati su un milione tra i giovani di età compresa tra i 10 e i 14 anni. Fino a oggi sono stati controllati 254mila minori su 375mila. Gli stessi esperti non se la sentono di affermare che l’incremento di tumori tra i giovanissimi sia una diretta conseguenza del disastro nucleare. Se fosse costantemente testata tutta la popolazione giapponese, come avviene invece solo per quella proveniente dalla zona di Fukushima, forse si registrerebbero gli stessi risultati.

Resta il fatto però che i bambini da 3 anni ormai non giocano più nei prati, nei parchi o nei boschi: la terra è più pericolosa del cemento e le radiazioni si accumulano più tra le foglie che sulle superfici artificiali. Le mamme si preoccupano che i loro piccoli escano sempre muniti di mascherina e che siano ben coperti di plastica ogni volta che piove. Tutto ciò avviene anche in quelle zone, come la città di Koriyama, dove apparentemente non è successo nulla e in cui la vita è quasi normale, pur esistendo zone in cui è sconsigliabile recarsi. Anche qui, infatti, le radiazioni sono arrivate e i bambini sono i soggetti più vulnerabili.

A complicare la situazione spesso interviene anche una certa disinformazione. Sul web appaiono di frequente mappe che mostrano una sorta di lingua colorata che si spinge nel mare e che corrisponderebbe all’acqua radioattiva di Fukushima. Ma gli esperti spiegano che queste mappe sono fallaci, perché in mare l’acqua radioattiva si disperde nell’immensità dell’oceano.

 

Fonte: La Stampa