Grecia. La “culla d’Europa”, dopo austerità e povertà, diventa il paradiso dell’utero in affitto

Un bambino costa mediamente 70mila euro. Alla madre ne vanno soltanto 10mila…

Dopo le cure da cavallo a dosi massicce di austerità che hanno impoverito il Paese, è la Grecia il “paradiso” europeo per la maternità surrogata e la pratica dell’utero in affitto. La legge che ha riconosciuto legalmente questa procedura anche per soggetti provenienti da nazioni estere è stata approvata nel 2014 e, per i costi, la “culla d’Europa” è diventata particolarmente attraente. Ovviamente per chi può permetterselo.

Sì, perché una gravidanza costa, alla coppia che ricorre alla GPA, mediamente 70mila euro. Ben diverso, però, è il trattamento economico riservato alle mamme surrogate, cui spettano, in media, soltanto 10mila euro a titolo di “rimborso spese”. Per la legge greca, spiega a L’Espresso, Emmanuel Laskaridis, docente alla Scuola per giudici di Atene questo rimborso deve essere considerato “un atto altruistico”.

Chi si presta a generare un figlio per conto di altri? Si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazze straniere che, spiega sempre Laskaridis, “vengono dalla Bulgaria, dalla Romania, dall’Ucraina e dalla Moldavia. A volte si trovano già in Grecia per lavorare come domestiche o badanti”.

Insomma, ragazze e donne povere. Che si prestano a questo mercato della vita in cambio di pochi spiccioli per tirare avanti. Ma che, per la legge, non hanno alcun diritto sul bambino che portano in grembo. Un’evidente crudeltà.

Che, però, non impedisce a questo mercato di fiorire. Dal 2014 le richieste dall’estero continuano a crescere. Tanto che, come rileva L’Espresso, sono nate addirittura realtà che realizzano protesi per “finti pancioni”, di modo che le madri che ricorrono alla GPA possano far finta che quel figlio sia proprio il loro!

Assurdo. Eppure succede e non a decine di migliaia di chilometri dalla civile Europa, ma dentro i suoi confini. E, nel frattempo, i bimbi abbandonati ospiti degli istituti continuano ad attendere qualcuno che li adotti, che li accolga. Che consenta loro di tornare ad avere una famiglia.