“Ho adottato in Cambogia e Cina ma erano già fratelli: ora sono rimasta incinta”

Yuri e Valentina Iorio

I miei figli sono nati entrambi ad agosto: in Cambogia e in Cina. Quando io sono andata in Cambogia a prendere il più  grande, Rithy, il secondo, Min, nasceva alle stesse latitudini, con lo stesso colore di pelle: i miei figli hanno un filo che li unisce nel diventare fratelli.

Valentina Iorio la fa semplice la sua storia. Trentasei anni, voce rauca, se ne sta seduta al tavolo a parlare ai figli di sei e cinque anni come fa una mamma felice: giocando a ogni istante con le parole e con la mimica facciale. Ogni tanto aggiunge un pezzo al racconto.

Volevamo una famiglia, Yuri ed io, per questo ci siamo sposati. E senza nessuna diagnosi di sterilità , un mese dopo il matrimonio, abbiamo depositato la domanda per l’adozione in tribunale.

A chi sgrana gli occhi per la tempestività, ribatte:  L’atto creativo di un figlio non sta solo nel partorirlo: in qualsiasi modo tu lo abbia avuto, la responsabilità  di crescerlo e di indicargli la strada   la stessa . E siccome i coniugi Iorio sono convinti che ogni figlio sia un dono, nella domanda di adozione non hanno fissato alcun paletto: né  età , né  sesso, né  Paese d’origine.

Almeno la prima volta. La seconda avrebbero voluto ritornare in Cambogia, ma poi il telefono ha squillato e la proposta di abbinamento  è arrivata per un bimbo cinese che allora aveva i tre anni e mezzo. Yuri e Valentina non potevano che rispondere  si . Loro si erano spaventati la prima volta, quando avevano saputo che Rithy aveva solo dieci mesi.  Ebbi un momento di panico. La prima cosa che pensai fu: -cosa mangia un bambino di dieci mesi?. Di solito i genitori si spaventano perché  i figli a cui vengono abbinati sono troppo grandi, Valentina per la ragione opposta. E con autoironia racconta il primo cambio-pannolino della sua vita:  Una tragedia: con me che non riuscivo a capire se fosse meglio sotto la doccia o nel lavandino. Poi aggiunge: Con il primo figlio fai le cose esagerate: poi impari anche a sbagliare.

A chiederle della seconda adozione, risponde senza esitazione:  Dopo Rithy avremmo voluto un figlio biologico, ma siccome non arrivava,e non era così  importante il come, abbiamo rifatto la trafila per l’adozione. Non avrei mai tentato l’inseminazione artificiale, che  è una via complicata e molto dolorosa. Non volevo impiegare le mie energie in questo massacro, anche perché  il destino non si forza .

Perché  poi è  lui che bussa alla porta.  Qualche mese fa avevo un fastidio allo stomaco, ho iniziato a prendere quantità  industriali di fermenti lattici. Ma il bruciore non passava. Scettica ho comprato il test di gravidanza, che era se non l’ultima, la penultima cosa che andavo a pensare, e ho scoperto di essere incinta. Felice?  Si, certo. Anche se il mio mondo perfetto è  entrato in crisi. C’è una certa isteria generale nel mondo delle gravidanze e per me era più  naturale prendere un aereo e andare a prendere mio figlio dall’altra parte del mondo che partorirlo.

Ma adesso la famiglia Iorio ha un problema da risolvere in tempi rapidi: trovare il nome per la bambina che nascerà : Rithy propone di chiamarla come il topolino, protagonista delle favole che la nonna gli racconta; mamma Valentina vorrebbe Rachele; la nonna materna, Augusta; il papà , Caterina. Vedi? Un figlio adottato arriva già  con un nome suo, scherza la Vale.