Honduras: la fuga o la pandilla, uniche possibilità per un’infanzia senza diritti

bimbi hondurasIn Honduras se nasci povero hai due strade: la fuga o la pandilla. Quest’ultima è la malavita organizzata locale, fatta di bande dedite al traffico di droga, alle rapine, agli omicidi, ai traffici illegali. Attività che spesso portano alla morte. È per questo che molti ragazzi honduregni, fin da adolescenti, per fuggire alla violenza sono disposti a intraprendere il viaggio verso gli Stati Uniti, “los Estados”. Sanno bene quali difficoltà potrebbero incontrare lungo il percorso, ma sono ugualmente disposti a rischiare: qualunque cosa possa accadere per loro sarebbe sempre meglio che essere reclutato o ucciso da una banda di pandilleros.

Tra gli adolescenti che nascono poveri e sanno quale futuro li aspetta, ci sono però reazioni diverse alla drammatica situazione in cui si trovano a vivere. C’è chi decide di fuggire a tutti i costi, chi tenta di scappare ma non riuscendoci torna indietro e anche chi si impegna a dare una risposta forte alla cultura della violenza che domina nel suo Paese.

Jannin, 15 anni, è uno di quelli che non si accontenta della mediocrità. Vuole cercare nuove opportunità, pretende un’educazione migliore e vede gli Stati Uniti come l’unica possibile scappatoia. Si dice pronto a tutto pur di emigrare per poter vivere in un posto sicuro, dove sia possibile camminare per strada senza doversi preoccupare di poter finire in qualsiasi momento al centro di una sparatoria, dove si possa studiare e contare su un buon livello educativo. Se nasci in un quartiere povero dell’Honduras, dice Jannin, non avrai mai l’opportunità di migliorare la qualità della tua vita.

La via per “los Estados” l’ha già percorsa Erlin, 16 anni. Ma non ce l’ha fatta. Nato nella colonia di Ocotillo, a San Pedro Sula, una tra le più pericolose del Paese, ha deciso di viaggiare verso gli Usa per sfuggire alla delinquenza della sua comunità. Durante il percorso, però, ha incontrato ancora più violenza di quanta ne avesse lasciata: è stato derubato, minacciato e percosso. Ha deciso di tornare indietro, ma grazie alla sua fede in Dio ha capito che, se vuole dare valore alla sua vita, lo deve fare nel suo Paese.

C’è chi poi questo fardello se l’è caricato sulle spalle e ne ha fatto la sua forza. È Juan Carlos, 22 anni, che ha fondato un’associazione culturale per aiutare i ragazzi del quartiere a uscire dal sistema della delinquenza, della droga e delle pandillas. Per farlo ha scelto il mezzo più affascinante: l’arte, in modo che i giovani imparino a esprimere sé stessi, allontanando al contempo il mondo dell’illegalità. “L’arte ti fa aprire gli occhi e ti permette di vedere oltre la tua realtà”, dice Juan Carlos, nato e cresciuto in uno dei quartieri più pericolosi della capitale honduregna Tegucigalpa.

Sono solo 3 storie emblematiche di una realtà complessa e costantemente in pericolo: quella di un’infanzia privata dei diritti di base, dall’integrità fisica all’educazione alla spensieratezza. Con le loro piccole voci i minori honduregni chiedono al governo di cambiare le cose: non vorrebbero lasciare il loro Paese, rischiando la pelle nel tentativo di attraversare i confini. Ma non vogliono neanche rinunciare al diritto di avere una vita dignitosa.