I cittadini: “Siamo pronti a scendere per strada contro la chiusura di Casa Mosè”

immigrati minori 350“Siamo pronti a scendere per strada e opporci alla chiusura. Un centro come Casa Mosè non può sparire nel nulla. Sarebbe una grave perdita non solo per i minori ma anche per tutto il territorio che non ha strutture analoghe come questa di Ai.Bi. (Amici dei Bambini). Casa Mosè è assolutamente unica nel suo genere: gli operatori ci mettono il cuore in quello che fanno ogni giorno con enormi sacrifici”.

Non ha dubbi Dario Caroniti , docente universitario di Messina che rincara la dose “non è assolutamente tollerabile. Questo è l’esempio dell’assurdità della società contemporanea dove vanno avanti solo chi lucra e segue i dettami di ‘dio denaro’, mentre chi come Ai.Bi. ogni giorno dispensa sorrisi, gentilezza e aiuto concreto a chi è più debole e sfortunato, è costretta a chiudere nell’ indifferenza generale”. Caroniti è determinato e ha le idee chiare su quello che bisogna fare: “la società civile deve fare la sua parte. Deve scendere in piazza, sfilare per le strade. Non ci si può arrendere all’approssimazione più completa”.

Caroniti è una delle voci proprio di questa società civile che alla notizia dell’imminente chiusura di Casa Mosè non ci sta e sfoga la sua rabbia e dolore. Gli fa eco Jole Caracciolo, psicologa di Messina, “nessuno pensa al danno psicologico – dice- che si arreca a questi minori? Dopo il trauma della fuga dal deserto, la “convivenza”con i trafficanti e gli scafisti (tollerata solo nell’ottica e speranza di una vita nuova in una terra più accogliente), vengono buttati fuori dall’unica realtà dove ricevono tenerezza e comprensione? Così si interrompe qualsiasi percorso formativo”. Per la psicologa Caracciolo “strutture di pronta accoglienza come Casa Mosè non solo non dovrebbero chiudere ma dovrebbero essere intensificate sul territorio e soprattutto dovrebbero essere coadiuvate dalle forze dell’ordine perché vivono quotidianamente situazione di difficoltà con  i “finti” minori che oltre ad essere pericolosi alimenterebbero una situazione di promiscuità con i più piccoli non tollerabile”.Insomma se Casa Mosè chiude si torna indietro ricreando un vulnus nell’assistenza ai minori non accompagnati irreparabile.

Perché Ai.Bi. è l’unica su Messina a fare “pronta accoglienza”, ovvero ad occuparsi della gestione dei Misna (minori stranieri non accompagnati) dal momento immediatamente successivo al loro arrivo con i barconi sul molo delle coste siciliane alla loro destinazione finale quali le famiglie affidatarie (attori fondamentali nel progetto “Bambini in alto mare”). Se Casa Mosè chiude, che ne sarà di questi minori?  “Andranno a finire  – continua Caracciolo – nelle tendopoli nella promiscuità più totale con effetto destabilizzante soprattutto per i più piccoli? Verranno sballottati da un punto all’altro con  la perdita assoluta di qualsiasi punto di riferimento”.

Gli occhi sereni di questi ragazzi sono quelli che hanno, invece, maggiormente colpito Anna Pino, gestore di una struttura sportiva di Messina che ha messo a disposizione proprio della struttura di Ai.Bi. “Quando li ho visti per la prima volta – racconta – mi hanno colpito per il loro sguardo sereno e spensierato nonostante le tragedie vissute sulla loro pelle. E  mi chiedevo come ciò fosse possibile. Solo dopo ho capito che era unicamente merito degli operatori Ai.Bi.: la loro umanità era riuscita ad abbassare le barriere che questi minori istintivamente tengono alte per difendersi dall’altro. Gli operatori Ai.Bi. erano riusciti a conquistarsi la loro fiducia, dimostrando loro il volto umano dell’accoglienza, di quello che il cuore unito alla volontà è in grado di fare”. Ma ora se il centro chiude “che messaggio – si chiede Anna – arriva loro?  Che la buona volontà non basta? Così saranno destinati ad una vita per strada, dove unica chance è delinquere o chiedere l’elemosina”.

Alla fine Anna rivolge un appello “ditemi come posso fare sentire la mia voce, come da cittadina posso oppormi alla chiusura. Se necessario scenderò per strada”. E se c’è chi gli ha offerto qualche ora di svago dietro a un pallone (come Anna), in città c’è anche chi ha offerto a questi ragazzi la pizza ospitandoli nel proprio ristorante in occasione delle partite dei Mondiali. “Sono venuti a mangiare nella mia pizzeria – dice Giovanni – un paio di volte. Ragazzi così educati e allegri da riempire il cuore. Se solo dipendesse da noi cittadini decidere del futuro di Casa Mosè…Vi prego lasciatela aperta. Non abbandonate questi ragazzi. Hanno diritto anche loro ad una vita ‘normale’”.