I due volti dell’accoglienza, dalle notti al gelo al calore di Casa Mosè

misnaDa una parte c’è l’accoglienza che fa notizia, quella che si ostina a definire “emergenza” una situazione divenuta ormai quotidiana, quasi a voler giustificare la cronica impreparazione nell’affrontarla. E poi c’è l’accoglienza silenziosa, quella delle associazioni sempre pronte a fare di più per garantire un’ospitalità giusta e dignitosa a chi approda sulle coste italiane dopo viaggi massacranti.

Le ultime notizie raccontano di 12 migranti tunisini soccorsi dalla Guardia Costiera a circa un miglio da Lampedusa e portati sul Molo Favarolo. Qui hanno trascorso buona parte della notte: dapprima completamente al gelo e poi avvolti nelle coperte che Amici dei Bambini è riuscita a fare giungere loro grazie all’intervento del parroco dell’isola. Solo lo scoppio di un temporale ha fatto sì che ai 12 migranti venisse permesso di trovare riparo a bordo di un pulmino. Un veicolo da 9 posti, tra l’altro, l’unico che per dimensioni poteva accedere e sostare in quel tratto di banchina.  Insomma, trovare un tetto per sole 12 persone sembrava fosse un’impresa impossibile.

Questo mentre altri 240 migranti, soccorsi a 70 miglia dall’isola, attendevano a bordo  della nave Sirio della Marina Militare di essere trasportati a Porto Empedocle. Qui sono destinati anche i 12 tunisini che però avranno un destino diverso da quello degli altri 240 immigrati. Mentre i primi verranno rimpatriati, i secondi saranno invece destinati alla tensostruttura armata del porto agrigentino. Dalla quale, c’è da scommetterci, saranno fortemente tentati di fuggire, come accade spesso in situazioni simili. La classica domanda che sorge spontanea in questo caso è: a cosa serve spendere più di 300mila euro al giorno per le operazioni di soccorso, se poi, dopo aver “salvato” queste persone dal mare, le si abbandona al loro destino sul territorio italiano?

Nelle stesse ore in cui si “accoglievano” così questi migranti, Amici dei Bambini apriva le porte di Casa Mosè a 9 minori stranieri non accompagnati ospitati nel Palanebiolo di Messina, ormai al collasso. L’accoglienza dei 9 giovani presso la struttura di pronta accoglienza di Ai.Bi. si è resa possibile grazie a quanto prescritto dall’articolo 403 del Codice Civile. “Quando il minore si trova in una condizione di grave pericolo per la propria integrità fisica e psichica – si legge nel testo della legge – la pubblica autorità, a mezzo degli organi di protezione dell’infanzia, lo colloca in luogo sicuro sino a quando si possa provvedere in modo definitivo alla sua protezione”. Nel caso dei Misna, quindi, che spesso si  trovano in condizioni di abbandono morale o materiale, è quindi possibile offrire loro la possibilità di questa prima accoglienza, senza la necessità di un provvedimento dell’autorità giudiziaria. La prima accoglienza predisposta da Casa Mosè può durare fino a un massimo di 90 giorni, a cui dovrebbe seguire la segnalazione alla Direzione generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, al giudice tutelare e al Tribunale per i minorenni, che provvederanno a stabilire l’affidamento del minore. Un affidamento che Ai.Bi. spera di poter garantire attraverso l’accoglienza in famiglia. Per questo servono famiglie disponibili ad accogliere: Ai.Bi le sta cercando ed è pronta a formarle e a seguirle in questa importante esperienza di solidarietà e umanità.

 

Fonte: Link Sicilia